Io il Cardinal Bagnasco lo capisco.
E fin qui, sembra un rap di Caparezza.
Mi spiego. Un insegnante, capita spesso che sia quello di lettere, quando accoglie i genitori delle sue alunne e dei suoi alunni nel corso delle periodiche riunioni tra le mura della scuola, si vede talora costretto a svolgere delle complesse prolusioni sull’andamento generale della classe. È proprio allora che, in nome di indiscutibili e ragionevolissime istanze di difesa della privacy, deve sfoderare un campionario di frasi a dir poco fumose, ed è obbligato a dire la sostanza eterea del peccato senza poter citare la concretezza del peccatore. Sente di dover biasimare una precisa fascia di studenti all’interno della classe (a me è capitato di farlo riferendomi ad un gruppo di 4 elementi in tutto) per il loro comportamento poco collaborativo, si trova ad elogiare un novero di ragazzini che lavorano con costanza. Gli occhi dei genitori – spesso spaesati, si capisce – reagiscono di conseguenza. Non mi sento di escludere che il mio parlare cifrato possa aver dato origine tutta una serie di misunderstanding. “Il Prof. ha detto che qualcuno in classe si distrae sempre! E mentre lo diceva guardava dalla mia parte! Silvio, fila in camera tua senza cena!”.
Ho quindi deciso di portare fino in fondo questo blasfemo (ma per chi?) parallelo, immaginando di rivolgermi in questo modo alle famiglie dei miei alunni.
«Cari genitori, rattrista il deterioramento dei costumi dei vostri figli e del linguaggio da loro utilizzato. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti, nel corso della ricreazione, non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui.
I comportamenti licenziosi di alcuni alunni sono in se stessi negativi e producono un danno sociale per i compagni. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune.
Da una situazione abnorme se ne generano altre, e l’equilibrio generale della classe ne risente in maniera progressiva».
Funziona, no?
Ribadisco, io il Cardinal Bagnasco lo capisco.
Aggiungo, però, che pronunciate certe parole io mi sento un ipocrita. E pure un po’ scemo.