Diciamolo, caro Mannelli: una vignetta che interpreta alla perfezione il pensiero del direttore che te l’ha commissionata non parte benissimo, se parliamo di satira.
Una vignetta con le cos(c)e afflitte dalla cellulite di una Ministra non brilla per potenza a un paio di centimetri da dove quotidiani editoriali invitano quella stessa donna a pensare alla sua pelle bucherellata piuttosto che alle riforme.
Paradossalmente, diventa la pallida didascalia – e la serva – di quegli articoli.
Sarò troppo romantico io che ho sempre immaginato il vignettista come un isolato, un genio solitario pronto a farsi cogliere dal fulmine dell’ispirazione. Mi risulta che Altan – uno tra i tanti anche se uno come nessuno – sia persona molto introversa e riservata. Nel caso della tua Boschi cicciottella, caro Mannelli, si sente forte la puzza di un dannato gioco di squadra: il giornale più esposto sul fronte del NO al referendum e su quello (apparentemente altrettanto vitale) della magrezza di chi ci governa; il giornale di Travaglio che mette in scena a teatro la Ministra in questione impersonata da un’attrice che ovviamente incespica, si confonde e balbetta (e sarebbe curioso vederlo alla prova in un confronto vero con la Boschi, Travaglio, lasciato libero di scrivere soltanto la propria parte…); il giornale de “La Fatina delle Riforme”; il giornale di Scanzi…
Non me la vedo proprio ElleKappa rispondere a Ezio Mauro (o Calabresi, o…): “sì, direttore, agli ordini… una bella sberla al Salvini sul tema migranti per condire il pezzo di Serra… perfetto, gliela mando per le 18.30, saluti la Sua Signora…”. No, non può funzionare in questo modo. Dove finisce così la libertà, di cui la satira è soltanto un effetto collaterale?
Credo infine che Maria Elena Boschi si sappia difendere molto bene anche da sola. Si tratta, invece, di proteggere la satira. Non dalla censura, ma dai suoi autori.