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Forza Gabriele Del Grande, viva i suoi libri!

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C’è una cosa che possiamo fare davvero, e tutti, e subito, per Gabriele Del Grande.

Leggerlo.

Non è il momento per le polemiche, anche se fa impressione vederlo definito “documentarista” e blogger dalle testate che avrebbero dovuto contendersi il suo sguardo e la sua firma, negli anni in cui era palesemente il più attento e il più informato sul grande tema che avrebbe finito per sommergerci.

Non dev’essere un tipo che si perde d’animo, Gabriele, e nonostante le porte sbattute in faccia ha saputo tentare nuove strade e nuovi viaggi, per capire e raccontare ancora, in altre forme.

Non dev’essere nemmeno il tipo che si accanisce con i “ve l’avevo detto”, nonostante sia accaduto puntualmente tutto quello che già dieci anni fa lui andava scrivendo mentre navigava attorno ai muri della Fortress Europe, già assediata di assediati.

Ora si tratta di stargli accanto, si tratta di pronunciare e scrivere il suo nome. Vanno bene gli hashtag, gli #iostocongabriele (proprio come lui ci aveva insegnato a “stare con la Sposa”). Va bene tutto, ma va bene anche leggerlo.

I suoi libri si trovano ancora, gli scaffali online dicon “disponibilità immediata”.

Cosa aspettiamo a svuotarli?

Mamadou va a morire e Il mare di mezzo sono due fonti di inestimabile valore. Non saranno aggiornati sugli ultimissimi eventi, ma fanno luce su un fenomeno che – ahinoi – è rimasto lo stesso e scavano nei suoi tragici dettagli. Fanno di più: indagano il lessico delle migrazioni, componendone un utile glossario. Sono costruiti su testimonianze raccolte sul campo, sanno di deserto e mare, di prigione e di stiva.

Forza Gabriele Del Grande.

Ma anche: viva il suo lavoro!

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I danni che fa Report

2016-10-10aOrmai da 10 anni, in una stanza della mia scuoletta che si improvvisa ambulatorio, due volte all’anno un simpatico medico vaccina le mie alunne contro il papilloma virus. Da un po’ di tempo a questa parte si mettono in fila anche i maschietti, portatori del virus e a loro volta possibili vittime. Non sono mattine come tutte le altre. I ragazzi hanno il tesserino delle vaccinazioni ben in vista sul banco, si distraggono per ogni auto che sembra aver parcheggiato nel cortile della scuola, si allarmano per ogni sbattere di portone.

Poi, finalmente, il rito comincia. Si mettono in coda. Entrano nella stanza di cui sopra, uno alla volta. All’uscita a qualcuno scappa una lacrima, qualcuno chiede di essere esentato da ogni attività didattica per i postumi dell’iniezione.

L’ho chiamato rito.

Succede nella mia scuola, ma succede in migliaia di altre. Cambiano solo numeri e facce. Il dottore non sarà sempre simpatico, spessissimo sarà una dottoressa. Succede in Italia, ma succede anche nel Sichuan e in Alabama.
Succederà finché la scienza, e quindi la massima espressione della ragione umana, non avrà trovato una soluzione migliore. Succederà finché lo Stato laico sarà alleato della scienza e se ne servirà per il bene di tutti.

L’inchiesta di Report sui vaccini anti papilloma visus ha dato ieri sera una goffa spallata a quel rito civile.

Con le mani avanti di chi è consapevole esistano ben altre diaboliche ciarlatanerie sul tema vaccini, la trasmissione ha soltanto (!) insinuato, ha soltanto (!) alluso. Il terreno era già stato arato: si sa che le le industrie farmaceutiche sono il Male fattosi consiglio di amministrazione. Aggiungici un medico corrotto che non manca mai, una spruzzatina di tangenti e la postverità è  bella impiattata.

Grande assente: la scienza. C’è un medico specializzato su quel tema che da mesi fa parlare di sé per la sua strenua battaglia a favore delle pratiche vaccinatorie, che dite, lo sentiamo? No. Chissà perchè… Ne va bene anche un altro, uno qualsiasi, bastano tre clic per individuare una serie di nomi autorevoli. No. Vien da pensar male, ma si dia il caso che sia vietato pensar male dei professionisti del pensare male. Si passa subito per censori, per gente che dà la caccia all’Uomo Ragno mentre bande di criminali imperversano in città.

[Mi viene in mente la puntata di Report dedicata al mondo dei colossi del web, in particolare a YouTube. Una coppia di genitori lamentava l’utilizzo delle immagini del figlioletto di pochi mesi, girate e caricate sulla piattaforma al solo scopo di commuovere una nonna australiana, finite invece in un losco servizio Tv sui pedofili e ora a disposizione dei peggiori naviganti dell’intero pianeta. L’inchiesta metteva in guardia dal mostro YouTube, guidato da indicibili interessi economici manco si trattasse un’industria farmaceutica, e trascurava l’unica vera missione da servizio pubblico: indicare ai telespettatori la spunta da fare sul sito (tutt’altro che occultata) se non si vuol rendere visibile a tutti un video caricato.]

Stamani, intanto,  online c’erano già genitori che ringraziavano lo storico programma scoperchiatore di pentole. Grazie, abbiamo visto, non vaccineremo la bimba!

Bingo.

Dove andremo a finire di questo passo è difficile immaginarlo.

Tra un c’è sotto qualcosa, una puzza di bruciato e un conto che non torna, toccherà magari a Sigfrido Ranucci riportarci tutti alla ragione, nel suo discorso di capodanno a reti unificate.

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