C’è qualcosa che non torna. E giuro che non mi piace per niente rompere le scatole alla parte giusta, mentre i conti son da fare con la parte sbagliata. Però più guardo quelle righe colorate e quella scritta e più sono a disagio. Chiamare “Salvini” tutto quello che è successo. Sintetizzare dicendo “Salvini”. Da ora in poi sia scritto nero su bianco (vabbè: colorato su colorato): noi non stiamo con Salvini. Cioè: non state con Salvini dal luglio del 2018? Mi chiedo: Serra, Muccino e Tommaso Paradiso prima stavano con Salvini?
Ovvio che no, e allora perché affermare (e sottoscrivere?) una cosa che rischia di suonare come una colossale banalità?
Ho il sospetto che quella copertina voglia cominciare finalmente a remare contro una piega brutta che han preso le cose negli ultimi anni, che voglia opporsi ad una palla di neve che ha preso la ruzzola ed è diventata la valanga bella grossa che ci sta travolgendo. Un qualcosa di complicato che ha a che fare con la “pacchia” dei migranti, certo, ma ha a che fare altrettanto con i “taxi del mare” e con le questioni vaccinali (già ben affrontate proprio da “RS”), con i commenti contro Laura Boldrini e con tutti i rigurgiti qualunquisti che conosciamo bene perché ci arrivano ormai alla gola. Un qualcosa che con tutta la cattiva volontà e con tutta la fretta semplificatrice di questo mondo non possiamo chiamare – chiamare soltanto – “Salvini”.
Salvini c’era già e su Salvini non ha mai taciuto nessuno.
P.S.: nel frattempo molti dei nomi citati dall’iniziativa di “Rolling Stone Italia” si sono dissociati o hanno postato i loro distinguo. Confermandomi nell’idea che la faccenda è un filino più complessa. E che non lo sappiamo ancora dire, contro cosa stiamo, noi. Ecco, appunto: noi chi?