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Il Gioco del Rispetto

Ve lo ricordate il pornoasilo di Trieste?

Strillavano proprio così, i titoli sui giornali. Era l’inizio del 2015 e tutto ruotava attorno alle scuole dell’infanzia del capoluogo del Friuli Venezia Giulia, ad alcune maestre con i loro alunni, ad una scatolina rossa. E di che colore volevate che fosse, l’involucro di un gioco pornografico?

Immaginate ora dei marmocchi che corrono. Hanno poco più di 3 anni e tutto quel movimento fa parte del gioco. Si fermano e le maestre che li stanno guidando chiedono loro di appoggiarsi vicendevolmente una mano sul petto. Si tratta di rintracciare il battito del cuore, e non è difficile dopo quella corsa. Per riconoscersi uguali, vivi, energici, al di là delle forme e delle chiome, del colore dei vestiti, della forma degli occhiali. Un piccolo passo di consapevolezza, per chi conosce i bambini. Una sorta di precoce atto sessuale, per qualche sguardo esterno, lucidamente folle, pronto a denunciare.

Ma il gioco continua, perché la scatolina rossa è un vero serbatoio di idee e di attività. Adesso si gioca a carte: in una c’è un elefante col grembiule: è maschio o femmina? E quello con la valigetta ventiquattrore, pachiderma in affari? M o F? Scommetto che riuscite ad indovinare le risposte più frequentate, voi che vi dilettate di statistica. Sotto lo sguardo esterno, intanto, si storce il naso.

Sotto con altre carte: ci sono la casalinga e il casalingo, la maestra e il maestro, la muratrice e il muratore, la calciatrice e il calciatore. Si somigliano perché hanno gli stessi vestiti e gli stessi strumenti. Certo non per i tratti somatici, seppur stilizzati nel disegno. Non basta, lo sguardo esterno sente lontano un miglio la puzza di gender.

Non di gender gap, quella che uno dovrebbe sentire davvero, la puzza di teoria del gender. Il resto viene da sé, come in un triste cliché: gli articoli su “Libero”, i tweet di Salvini, le interrogazioni dei politici. Il tutto mentre le famiglie dei bambini che hanno giocato il Gioco del Rispetto esprimono unanimi consensi all’iniziativa didattica.

La bufala è facilmente smontabile, ma le leggende metropolitane sono difficili da estirpare, e il clima si fa più pesante. Quelli (che poi sarebbero Quelle) del Gioco del Rispetto hanno le spalle larghe e vanno avanti, non si fermano. Tant’è che oggi chiedono aiuto affinché la scatolina rossa della discordia possa essere prodotta e distribuita in un’edizione scolastica e in una domestica, da giocare direttamente in famiglia. Lo fanno con un crowdfunding, chiedendo quindi il contributo di tutti.

Pensateci, può dipendere da tutti noi il destino di un’elefante carina e ammodo, con il sogno proibito di cavalcare il suo skateboard.

Alla faccia degli sguardi esterni.

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