Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Tutte queste cose passare

I ragazzini delle medie, tra il Samsung Galaxy S4 e l’AK-47

I ragazzini delle medie sanno cos’è un AK-47. Lo sanno e s’indignano se sei tu a non saperlo. Poi si tranquillizzano se scoprono che fino a Kalashnikov c’arrivi, ché qualche film americano prima o dopo l’hai guardato anche tu.

I ragazzini delle medie parlano di Isis da almeno un anno. Anche senza lezioni come quella di oggi, hanno capito benissimo che quei pugnali puntati alla gola stavano dentro il telegiornale, e non dentro i film quelli coi Kalashnikov che ha guardato anche il prof.

I ragazzini delle medie sanno che l’Islam è una religione come le altre. Le religioni esistono, cambiano la vita alle persone ma così è troppo, non ci si crede. Ci dev’essere dell’altro, pensano i ragazzini delle medie.

I ragazzini delle medie faticano non poco davanti alla parola laicità. Sono nati e vissuti in Italia e non capiscono che senso possa avere limitare e confinare qualcosa che considerano un’inoffensiva carta da parati sul fondale delle loro esistenze. Dalle pubbliche cerimonie per i caduti, il 4 novembre, in genere tornano con un’unica e incontenibile impressione, dopo una perizia sul labiale: “il prof non recitava il padrenostro”. Già.

I ragazzini delle medie sanno produrre un silenzio di ghiaccio, durante un minuto di raccoglimento. Poi però ricominciano con le domande, sono macchine costruite per produrre domande. Veri animali geopolitici: sono dei piccoli lucicaraccioli. Prendi un gesso, lo fai cigolare sulla lavagna e subito ti dicono se il Mediterraneo che hai disegnato è credibile, se ti sei dimenticato la Sardegna, oppure Cipro. Poi però ti ascoltano, seguono con gli occhi le tue frecce, si perdono tra gli imperi colorati a pois e quelli a righine oblique.

Non hanno capo né coda, le domande dei ragazzini delle medie. C’entrano qualcosa le due torri gemelle? È stato l’Isis anche lì? Ma cosa vuol dire che l’Isis è uno stato? E allora qual è la capitale? Chi è quella che piange in diretta? (è l’inviata Rai Lucia Goracci) Ma è vero che attaccheranno Roma, l’ho sentito a “Pomeriggio Cinque”? (Chi è quello che piange? È il prof…) Ma è vero che nel teatro li hanno uccisi uno per uno? L’hai vista la foto del teatro quella presa dall’alto, eh, l’hai vista? Ci credi che quello si è salvato perché il proiettile è rimbalzato sul suo cellulare? Guarda che un Galaxy è troooooppo sottile…

Di una cosa sono sicuro, dopo una mattina di occhi addosso come poche altre. I ragazzini delle medie hanno paura. Hanno capito che i grandi sanno un sacco di cose e hanno un sacco pieno di parole. Pronunciano nomi in tutte le lingue e scrivono date lontane alla lavagna. Ma sono senza il filo per unire i pezzi, collegarli tra loro. E senza il filo gli cade tutto per terra.

Standard
Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Una domenica da leoni

I giornali, questa mattina, pullulavano di leoni.

C’erano vecchi leoni spelacchiati che credevo quasi estinti. Invece ruggivano piangendo un compagno morto. Ripensavano alle battaglie vinte e perse con gli altri animali della savana, gridavano che la guerra non è finita, perché la guerra non può finire. Erano ciechi, quei vecchi leoni, in fondo lo sono sempre stati. Erano tre, erano quattro, erano più di 24, purtroppo.

Scrocchiano un paio di pagine e riecco altri leoni. Fuor di metafora: leoni d’Africa più veri del vero. Erano 100.000, 50 anni fa. Sono rimasti in 15.000, nelle stime dei pessimisti, oggi. Quindicimila, un po’ meno dei miei concittadini in questa piccola landa friulana. Chissà cos’avrei risposto, m’avessero chiesto “quanti sono in tutto i leoni?”. Pur privo di qualsivoglia strumento, avrei risposto 900.000, massimo 1.200.000. Mi sarei sentito realista, e senza l’aria di chi spara a caso.

Corro a preparare la lezione, domani in classe si parla di leoni.

Standard