Le storie di Scuolamagia

CREAtura scritTIVA

Ci eravamo lasciati con una scritta sul muro da spiegare veltronianamente con un racconto…
S., la mia alunna che è un pesciolino, ha immaginato un “ellepuntato” (vedi post del 7 marzo) coraggioso e originale. Si tratta di Luigi/Luisa, transessuale a caccia d’identità. Anna lo aspetta e c’è quella scritta, ma il finale è comunque sospeso. Sabato leggo questa regola di scrittura riportata da Concita De Gregorio, su “La repubblica delle Donne”: “se c’è qualcosa che, mentre scrivi, ti fa paura o ti fa sentire in imbarazzo, buttati dentro a questa cosa perché forse ci troverai molte ragioni ed energie per scrivere qualcosa di interessante anche per gli altri.”
Io il racconto di S. non avrei saputo scriverlo. Il mio tentativo, comunque, è nei commenti…

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2 thoughts on “CREAtura scritTIVA

  1. Cara Anna, ti penso mentre leggi questa lettera che tieni con la mano destra mentre la sinistra sposta dietro l’orecchio uno dei tuoi riccioli neri. Così belli e così ribelli. È un gesto con cui cerchi sempre di nascondere la tua inquietudine profonda, quella che ti segnerebbe la vita anche se non ci fosse la guerra.

    Questa mattina ero in piedi prima che arrivasse l’alba, all’ora delle civette e delle cattive intenzioni. Si trattava di sorvegliare la strada provinciale dalla collina del querceto, nascosti tra le rocce della vecchia casa del pittore, quella dove da piccolo correvo a cercare un po’ di solitudine nei momenti di tristezza. Giù in città, quelli della Brigata ci avevano comunicato tramite una staffetta che sarebbe passato un convoglio tedesco carico di munizioni. Fermarlo, facendo saltare qualche ponte più a nord, significherà tenerli lontani ancora per qualche giorno.

    Dalla collina del querceto si vede la tua casa, si vede la fontana dove ti ho vista lavare i panni fin da piccola e giocare agli spruzzi con le tue sorelle. La vecchia scalinata è deserta, così come la piazzetta. Al paese siete prudenti, com’è giusto e necessario. Come vi è stato detto prima che partissimo.

    Anche se non ti ho vista, oggi per me è stato un giorno fortunato. Sono vivo, sei viva. Siamo giovani e c’è una forza che mi spinge a credere nel domani anche dentro a tutta questa morte che ci circonda, anche in mezzo alle lacrime di chi la giovinezza l’ha persa in un istante, col cadavere di un figlio o di un padre tra le braccia.

    Cara Anna, ti penso mentre leggi questa mia calligrafia incerta e sbiadita. Penso ai tuoi occhi asciutti che non piangono mai. Penso alla tua voglia di fuggire, penso che ci sarebbe anche se non ci fossero i nemici sempre all’orizzonte. Oggi, dopo averti cercata invano con lo sguardo tra le finestre della tua casa e tra le stradine del paese, ho lasciato Furore da solo a scrutare la strada fin dove si perde e sono entrato nella casa del pittore. Quell’uomo buffo e solitario che ci chiedevamo di cosa vivesse, non comprando nessuno le sue opere. La gente anche prima della guerra era troppo povera per spendere i risparmi di una vita nell’acquisto di un quadro. Io l’ho vista una sua opera – da piccolo, in uno di quei giorni di tristezza e solitudine – ed è stata quella l’unica volta che ho visto il mare. Dentro un quadro, sgorgare dal pennello di un vecchio artista. La casa era vuota, che fine abbia fatto il pittore non l’ha mai saputo nessuno. Sotto un tavolino coperto di polvere ho intravisto una latta sigillata. La ruggine era quasi riuscita a cancellare la scritta in rilievo: “…so carminio”. Una vecchia latta di vernice colorata, grande. Rosso carminio, un colore per affreschi, buono per la tonaca di un santo o per il mantello di un eroe.

    Anna cara, è stato un attimo. Pensare alla distanza che ci separa, ai mesi che verranno, all’inverno che è alle porte. Al filo sottile a cui sono appese le nostre vite, all’inquietudine dei tuoi occhi, quella che per sempre – in pace e in guerra – mi farà tremare all’idea di perderti. Sono uscito dalla casa con la latta arrugginita, ho intinto un bastone nel suo colore ancora così vivo e ho tracciato dei segni sul muro grande della casa, quello che si sporge sulle prime case del paese, sulla tua.

    Ti chiedo con questa lettera, se mai dovesse giungere nelle tue mani, di andare a prendere il vecchio cannocchiale con cui tuo nonno mostrava a noi, bambini assetati d’infinito, la forma e la geometria delle costellazioni nelle notti serene, ai tempi della pace. Ti prego di puntarlo verso questa casa che ormai ho abbandonato, obbedendo a nuovi ordini, seguendo il mio destino di partigiano.

    Su quel muro, Anna, troverai tutto ciò in cui ancora credo e in cui vorrei credessi anche tu.

    Pensami come io ti penso, e proteggimi.

    …il tuo Leo

    26 agosto 1944

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