Carissimo Giuliano,
Tu vuoi che ti scriva di cose serie. Molto bene. Ma cosa sono le «cose serie» che vuoi leggere nelle mie lettere? Tu sei un ragazzo, e per un ragazzo anche le cose per i ragazzi sono molto serie, perché sono in rapporto con la sua età, con le sue esperienze, con le capacità che le esperienze e la riflessione su di esse gli hanno procurato. Del resto prometti di scrivermi qualche cosa ogni cinque giorni: sono molto contento se lo farai, dimostrandomi di aver così molta forza di volontà. Io ti risponderò sempre (se potrò) e molto seriamente.
Caro, io ti conosco solo per le tue lettere e per le notizie che mi mandano di te i grandi: so che sei un bravo ragazzo, ma perché non mi hai scritto nulla del tuo viaggio al mare? Credi che non sia una cosa seria? Tutto ciò che ti riguarda è per me molto serio e mi interessa molto; anche i tuoi giochi.
Ti abbraccio.
Antonio
Le altre lettere. Scritte dallo stesso carcere, il carcere di Turi. Piccole pagine per i figli piccoli. Per Giuliano, il figlio mai visto. Finiscono quasi sempre in un abbraccio, oppure in un bacio. Alcune in un “ti voglio bene”. Spesso sfottono Veltroni e gli chiedono che c’azzecchi con Gramsci, ormai. Hanno pure ragione, a sfotterlo. Però è vero e fa sorridere che, ammesso che sia mai esistito un Veltroni gramsciano, esiste sicuramente un Gramsci veltroniano, tenero e incantato.
Le altre lettere. Uno le legge e le rilegge, e viene voglia di prendersi a cuore le cose serie, cioè di prendersi a cuore TUTTO.
I monaci del Tibet. La bambina cinese estratta dal pozzo, ed è bello che ogni tanto i bambini riemergano dai pozzi neri. La gara di sci dell’alunno colorato. Il contratto che bisogna contrattare. Che non gli passino mai il pallone a ricreazione. Che l’amica parli male di lei proprio adesso che lei è tanto fragile. La riformetta del ministro Fioroni. La gita a Firenze da organizzare. Tutto il resto.