Cineserie, Soletta

La corrispondentina

Siete stanchi dei panorami geopolitici tracciati da quel sapientone di Rampini su “Repubblica”? Non ne potete più delle corrispondenze di Cavalera sul “Corriere”? Vi ammorbano gli articoli di Sisci su “La stampa”? Vi siete addormentati leggendo l’ultimo reportage di Renata Pisu? Vi coprite gli occhi quando sulla Rai compare il volto di Paolo Longo?

Bene, da oggi a Pechino c’è una nuova inviata speciale che vi consiglio caldamente.

Gallina solarize

Ha soltanto 10 anni, ma scrive da veterana. Leggete, meditate e commentate ché lei è tanto contenta.

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Irroquientezza

La Pozzanghera da un po’ di tempo si è data un contatore. Parlo di quel quadratino sulla colonna a sinistra, tra i link e l’archivio. Dovrebbe misurare l’audience di quello che scrivo ed è oggettivo che non serve a un bel niente. Al di là del fatto che non avrebbe alcun senso accondiscendere ai vostri rispettabilissimi gusti, il fronzolo in questione certifica soltanto che di domenica voi lettori siete un po’ di meno (ci mancherebbe, avrete ogni tanto qualcosa di meglio da fare…) e che alle tre del pomeriggio siete di più che alle tre di notte. C’è dell’altro, però. Il marchingegno sa dirmi anche attraverso quali parole chiave digitate su Google alcuni ospiti sono stati dirottati sul mio blog.

Si scopre allora che ogni giorno arrivano su Pozzanghera 3 o 4 lettori in cerca dei quadri di Chagall, e io un giorno effettivamente ho offerto il mio modesto spazio al celebre pittore. Si scopre che tanti mi trovano perché sono sulle tracce di Andrea Pazienza o di Claudio Lolli, santi patroni di questa contrada.

Si scopre – e vengono i brividi – che qualcuno con le sue dita può scrivere “bambine cosparse di cacca” (sul serio: minuto di silenzio…), salvo imbattersi in questa bellissima foto di Giorgio Bettinelli.

Si scopre che c’è chi cerca IRROQUIENTE.  

Oggi, alle 13.05.

Una parola che non esiste, una parola nata per sbaglio. Una parola nata e morta su questo blog il 6 maggio 2005. Una parola mai pronunciata da alcuno e scritta sul serio una volta sola da una meravigliosa ragazzina, dimenticatasene nel giro di 4 secondi.

E allora: chi può cercare una parola che non esiste?

Chi sei, cercatrice/cercatore di IRROQUIENTE?

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Res cogitans, Soletta

Un arcobaleno di sinistra

Caparezza_2_tif_big

La massoneria e Priebke, le Grandi Opere e le mafie tutte. Il qualunquismo e il suo riaffiorare nelle forme del moderno “qualcunismo”. Operai e faccendieri, cravattari e insegnanti. Ex regnanti agli arresti domiciliari e i precari nei call center. MySpace e i rifiuti sui bordi delle strade. I film di Truffaut, il pensiero di Vattimo e i fumetti di Paz.

Il difetto di Caparezza è quello di voler parlare di tutto. Il pregio è quello di riuscirci.   

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Res cogitans, Tutte queste cose passare

Art. 7: quando nasce un bambino ha il diritto ad avere un nome

Dietro il bancone dell’ufficio postale ci sono quattro operatrici: Sara C., Mariagrazia D., Paola S. e l’ultimo nome non lo riesco a leggere, vedo che è un nome lungo ma è anche troppo lontano dalla mia posizione di uomo in coda. Non ho un giornale e allora mentre aspetto leggo i cartellini appesi al cuore della postine. Sono gialli come il bancone, i manifesti, il nastro adesivo sulle vetrate. Poi mi avvicino alla ragazza col nome lunghissimo; non è una mia scelta, a deciderlo sono i ritmi delle code che fluiscono come correnti oceaniche. Ha gli occhiali spessi, tanta timidezza e pochissimi anni. È ovviamente precaria, lo si capisce pure da come la trattano Sara M., Mariagrazia V. e Paola S. Sara Maligna le dà ordini severi, Mariagrazia Vipera le mette una gran fretta, Paola Stronza non la aiuta a risolvere un problema tecnico.

Ma il nome? Come si chiama la postina precaria? Adesso sono più vicino, adesso posso leggere. Una vecchietta noterebbe che le manca la fede al dito. È ancora Signorina.

Signorina Identificativo Provvisorio.

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Res cogitans, Tutte queste cose passare

Se i Roberto sono il doppio delle donne

La mia Regione ha eletto il suo nuovo parlamento. A tutti Pozzanghera rivolge un augurio di buon lavoro.

A Renzo

Riccardo

Piero

Maurizio

Piero

Bruno

Gaetano

Roberto

Paride

Massimo

Roberto

Roberto

Daniele

Alessandro

Paolo

Franco

Luigi

Elio

Luca

Antonio

Paolo

Franco

Federico

Claudio

Maurizio

Ugo

Enore

Edouard

Danilo

Edoardo

Roberto

Giorgio

Maurizio

Luigi

Bruno

Franco

Sergio

Giorgio

Franco

Giorgio

Mauro

Franco

Alessandro

Paolo

Ezio

Enzo

Gianfranco

Daniele

Nevio

Pietro

Alessandro

Stefano

Carlo

Stefano

Roberto

Igor

e

Igor

 

Ma auguri, soprattutto, ad Alessia e Mara…

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Imago, Le storie di Scuolamagia, Tutte queste cose passare

I nuovi Ciompi

Riguardo le fotografie di Firenze, il viaggio è finito, diventerà una cartella dentro una cartella dentro una cartella dell’hard disk. Come ogni volta la grande assente tra i miei soggetti è proprio la città che ho visitato. Che senso ha immortalare il duomo, Piazza della Signoria, Ponte Vecchio? Nessuno. Quel che c’era da scattare l’han già scattato i fratelli Alinari. Il mio obbiettivo cerca facce, espressioni, visi allegri e visi accigliati. Cerco gli sguardi rivolti altrove, mi insinuo. Cerco i miei cuccioli e l’umanità tutta – sparpagliata, rumorosa, caotica – tra le nervature della città. Aborro le foto di gruppo e a quelli che scopertisi inquadrati accennano l’abbraccio fraterno dico: guardatevi con odio. Alla ragazza ordino di avvicinarsi a quel muro e di guardare in alto: clic, sul muro una bomboletta hip hop ha scritto “brama”.

Anche i ragazzi scattano e riprendono. Loro sì giocano a fare i fratelli Alinari: beatamente secolarizzati restano immobili davanti a chiese di cui nemmeno chiedono il nome. Pigiano il bottone, però, come zelanti turisti nipponici.

Quando non è disponibile una macchina digitale, suppliscono i telefoni cellulari. Veniamo travolti da un corteo pacificamente incazzato: sono gli immigrati somali, etiopi, eritrei. Sono stati da poco sgomberati da un vecchio casermone occupato, ora chiedono giustizia davanti al Palazzo di Giustizia, appunto. Hanno un portavoce che urla parole incandescenti con un riconoscibilissimo accento fiorentino, la celere mostra i muscoli, ma fa finta di guardare dall’altra parte.

celere

Tra i manifestanti tanti bambini che teoricamente non hanno un tetto da opporre alle grandi gocce che cadono.

I telefonini, dicevo. È nel display di Rexhep, giovane  amico dei miei cuccioli, che rivedo la scena e riascolto l’italiano che con il megafono sta dalla parte degli ultimi. Avevo capito bene, diceva proprio “Stato di merda”.  

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Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Tutte queste cose passare

Chiuso per ferie

Martedì mattina, giorno delle elezioni presidenziali, uscendo di casa sulla Pacific Avenue ho notato una fila di persone di fronte al garage del mio vicino. Ho pensato che avesse messo fuori un cartello «affittasi»: a San Francisco la caccia alle abitazioni è tale che appena se ne libera una si formano code per la strada. Invece no, era una fila di elettori. Il vicino aveva messo a disposizione il garage come seggio per le presidenziali. Fuori, neanche un poliziotto. A segnalare il seggio, solo un foglio all’ingresso del garage con l’avviso: «Oltre questa soglia è vietata la propaganda elettorale» (negli Stati Uniti è consentito fare campagna anche il giorno del voto). Niente scuole requisite, nessuna mobilitazione di forze dell’ordine.

A Milano ho sempre votato al seggio di via Ruffini, in una scuola media statale, sotto la vigilanza dei soldati in divisa. Un cerimoniale ben diverso rispetto alla semplicità rudimentale del garage del vicino di casa dove si è scelto il presidente degli Stati Uniti. La più grande democrazia del mondo vive le elezioni senza quelle esteriorità un po’ allarmanti (l’esercito a guardia dei seggi, i ragazzi in vacanze forzate dalla scuola) che in Italia sembrano voler dare un carattere drammatico all’esercizio della sovranità popolare. Sempre nel mio quartiere, sulla via Van Ness, un’agenzia bancaria si era offerta come sede elettorale. Ma martedì mattina l’impiegato che ha le chiavi si è scordato che le elezioni cominciavano alle sette. Si è presentato alle otto e mezza, orario di apertura delle banche. In quell’ora e mezza, per non mandare via gli elettori, il presidente del seggio li ha fatti votare all’aperto con le schede appoggiate sui cofani delle auto posteggiate. Qualcuno ha brontolato per la scarsa privacy, ma le operazioni di voto sono andate avanti. Poi è successo quel che sapete in Florida, e la pacifica normalità delle elezioni americane è scivolata nel caos, nella paralisi, nella rissa. Allora sono stato assalito dai dubbi. Forse un po’ di drammaticità «all’italiana » avrebbe salvato queste presidenziali dalle tante irregolarità? Però anche in Italia non si ricorda uno scrutinio che non fosse seguito da ricorsi (in genere da parte di chi ha perso: Berlusconi qualche anno fa sosteneva che i comunisti gli avevano rubato una vittoria a furia di brogli al Sud). Rumori di fondo, che non fanno notizia, e a cui ormai gli italiani non danno gran peso.

[…]

 

Federico Rampini, San Francisco-Milano, La Terza

 

…domani e dopodomani i cuccioli di Scuolamagia (10!) non avranno diritto alla loro fetta quotidiana d’istruzione per non ostacolare il diritto di voto dei loro pochissimi genitori. In una struttura di due piani con 6 o 7 stanze, con due gendarmi e una mezza dozzina di scrutatori all’opera.

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Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness

Voi che passate di qui

Lascio le chiavi ad Antonia e vado a Firenze con i cuccioli, per tre giorni. Un lungo silenzio elettorale, mettiamola anche così. Grazie. Ve lo dico troppo raramente.

 

Tempia contro tempia

si trasfondono

le nostre febbri.

Fuori, tremoli lunghi di stelle

e l’edera, con le sue palme protese,

a trattenere un luccicore mite.

Nella mia casa che riscalda,

tu mi parli delle grandi cose

che nessun altro sa.

Lontano,

una gran voce d’acqua

scroscia a parole incomprese

e forse a te benedice,

dolce sorella,

nel nome del mio amore e della tua tristezza,

a te,

ala bianca

della mia esistenza.

 

Antonia Pozzi, Benedizione, 7 settembre 1929

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Soletta

Juno

Nel mondo di Juno si parla una lingua da scaricatori di porto, si dice pane al pane, vino al vino, aborto all’aborto e vaffanculo al vaffanculo. Nel mondo di Juno non esistono parole di circostanza, c’è solo un’invincibile, disperata sincerità. Nessuno che ci giri attorno con le parole, nessuno che cerchi di parafrasare o di addolcire pillole. Sei incinta, sono incinta, sei stronzo, ti lascio, cresci una buona volta, è finita, “se tu ci stai io ci sto”, possiamo pomiciare adesso? Non è un film sull’aborto, Juno, e nemmeno contro l’aborto, nonostante Giuliano Ferrara. È un film sull’essenziale. Sulla vita che viene al sodo. E sul coraggio di tenerla in pugno. La sosterrebbe all’istante, Juno, una moratoria sull’ipocrisia.

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Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Una volta qui era tutta campagna (elettorale)

Si dice che il nostro sia un paese bloccato. Si dice che sia tutta colpa dei politici, Maremma qualunquista! Poi succede che uno sta partendo per andare al lavoro e si trova davanti la concretezza vera di un ostacolo a quattro ruote, Maremma metaforica!

dallauto

Ma come si permette questo di sbarrarmi la strada, contravvenendo i fondamenti etici del mondo guidante??!! Quella è una strada, non un parcheggio, ma quello è un bar e questa è l’ora del caffè, Maremma malpensante. Come si permette, Maremma gabibba! Come può pensare di starsene seduto tranquillo al tavolino mentre qualcuno per colpa sua non può nemmeno andarsene da casa?

Poi capisco tutto, anche che probabilmente “Non si può fare”, e che “We can’t”.

stemma

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Soletta

Tra parentesi

(Quando stetti a lungo in un letto di terapia intensiva, imparai molte cose. Che ci sono pochi letti, naturalmente, e bisogna scegliere a chi riservarli. Arrivò un bambino, poco più che neonato. Il primario sapeva dove ricoverarlo, l’aveva fatto altre volte: dentro il suo casco da motociclista).

 

Adriano Sofri, Contro Giuliano

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Le storie di Scuolamagia

Pesce destrorso

Pasce-01

Ancora dubbi sulla matrice dell’attentato. Il cucciolo testa calda avrà inteso “la destra” in quanto generico schieramento conservatore oppure “La Destra” di Storace & Santanchè?

 

La calligrafia lo inchioda. Domani, come tradizione, lo mangio.

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