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I nuovi Ciompi

Riguardo le fotografie di Firenze, il viaggio è finito, diventerà una cartella dentro una cartella dentro una cartella dell’hard disk. Come ogni volta la grande assente tra i miei soggetti è proprio la città che ho visitato. Che senso ha immortalare il duomo, Piazza della Signoria, Ponte Vecchio? Nessuno. Quel che c’era da scattare l’han già scattato i fratelli Alinari. Il mio obbiettivo cerca facce, espressioni, visi allegri e visi accigliati. Cerco gli sguardi rivolti altrove, mi insinuo. Cerco i miei cuccioli e l’umanità tutta – sparpagliata, rumorosa, caotica – tra le nervature della città. Aborro le foto di gruppo e a quelli che scopertisi inquadrati accennano l’abbraccio fraterno dico: guardatevi con odio. Alla ragazza ordino di avvicinarsi a quel muro e di guardare in alto: clic, sul muro una bomboletta hip hop ha scritto “brama”.

Anche i ragazzi scattano e riprendono. Loro sì giocano a fare i fratelli Alinari: beatamente secolarizzati restano immobili davanti a chiese di cui nemmeno chiedono il nome. Pigiano il bottone, però, come zelanti turisti nipponici.

Quando non è disponibile una macchina digitale, suppliscono i telefoni cellulari. Veniamo travolti da un corteo pacificamente incazzato: sono gli immigrati somali, etiopi, eritrei. Sono stati da poco sgomberati da un vecchio casermone occupato, ora chiedono giustizia davanti al Palazzo di Giustizia, appunto. Hanno un portavoce che urla parole incandescenti con un riconoscibilissimo accento fiorentino, la celere mostra i muscoli, ma fa finta di guardare dall’altra parte.

celere

Tra i manifestanti tanti bambini che teoricamente non hanno un tetto da opporre alle grandi gocce che cadono.

I telefonini, dicevo. È nel display di Rexhep, giovane  amico dei miei cuccioli, che rivedo la scena e riascolto l’italiano che con il megafono sta dalla parte degli ultimi. Avevo capito bene, diceva proprio “Stato di merda”.  

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