Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

Franca Rame, il (non) ricordo di Marco Travaglio

Gipi il fumettista segnala un articolo apparso oggi. Muovo dal suo efficace sarcasmo, ma sento di dover andare oltre. Non riesco a limitarmi allo scherno e allo schifo, in quella pece ci vedo inzuppati l’Italia e questo tempo malconcio.

Mi spiego. Di Marco Travaglio penso da una vita tutto il male possibile. Ma a volte mi quieto pensando: che diritto ho di criticare, quello apre i faldoni, spulcia le carte, e io certe sere mi addormento leggendo a malapena i titoli e guardando le figure.

Questa volta, però, è diverso. Sul tappeto non ci sono processi e sentenze, giudici e condannati, questa volta si tratta di ricordare Franca Rame dopo averla conosciuta e frequentata. E Travaglio comincia dall’inizio, dal primo incontro – ovviamente subito una baruffa di ore, lei a fare lei, lui a fare lui – con l’attrice a confessare, alla fine, guarda un po’, di aver probabilmente torto.

La frequentazione prosegue, ed ecco la Franca complimentarsi, guarda un po’, per il botto editoriale di un libro di Marco, eccola chiedere a Marco di dipanare un suo dubbio esistenziale, con la vita a squarciarsi davanti ad un bivio. E avanti: la volta che quella grande donna aveva telefonato per fare un in bocca al lupo al nuovo quotidiano fondato, guarda un po’, dal giornalista, offrendo umilmente la sua collaborazione. E quante altre telefonate, sempre lei a lui (“Marcooooooo…”), mai lui a lei, sarà stato forse geloso il grande Dario, di quel giurnalist ch’al vegnìa dal Piemunt, figliocc dal Muntanell, con la maneta tacada sbrendolante tintinante dal tacuino.

Insomma, il giorno in cui è morta Franca Rame, Travaglio scrive un articolo su Marco Travaglio. Dell’attrice si dice che sì, era davvero bella e pure un po’ matta. E stop.

È questo non saper farsi piccoli e scomparire alla bisogna, il grande male. Ci siamo dentro tutti, chi più e chi meno. Siamo incapaci di amare gli altri per quello che sono, senza ridurli a specchi per i nostri io.

Alla radio stamattina un ascoltatore ricordava invece un minuscolo evento teatrale, estemporaneo, tanti ma nemmeno troppi anni fa. C’era anche la Franca, rigorosamente gratis, come si fa con le buone cause. Recitava e si spendeva per quell’opera da nessun soldo. Chi era il suo prossimo? Donne stuprate? Popoli sopraffatti? Lavoratori sfruttati? No, pochi bambini provenienti da famiglie un po’ meno fortunate. Avevano osato privarli della gita scolastica. E Franca non c’aveva visto più.

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