Gli spettacoli teatrali di Scuolamagia nascono da un’opera di scrittura collettiva le cui dinamiche ancora mi travolgono (ed è entusiasmante lasciarsene travolgere) e nel contempo mi sfuggono. Piacciano o non piacciano, gli allestimenti natalizi e di fine anno, ma così è, se ci pare.
Nella primavera del 2005 la ragazza coi capelli neri era stata categorica: “…la canzone giusta dev’essere questa! È perfetta, una colonna sonora ideale”. Ricordo la cuffietta applicata al mio orecchio e delle seriose posture di ascolto. Non fu tanto perché poi il balletto avrebbero dovuto farlo loro, le mie alunne classe 1991, era proprio quella musica a calzare a pennello in uno spettacolo che si proponeva di ricostruire le atmosfere di un’olimpiade.
Una cantante di belle speranze se ne va senza nemmeno sapere (a meno di non essere incappata, navigando qua e là seguendo su Google la scia del suo nome, nella terza scena di questo canovaccio) che un suo pezzo è risuonato nella notte di un piccolo paese, il 3 giugno 2005, come un solenne inno olimpico, e che le sue note sono state danzate con passione e grazia sottile.
Lieve le sia la terra.