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Adriano Sofri e le tasche di Tom Sawyer

 

Niente male come prima azione da uomo libero. Interrogare un bambino molto sveglio, che a scuola dice di aver letto Tom Sawyer. Sì, ma cosa c’era nella tasca di Tom Sawyer? Una pallina, un topo morto legato col filo, un pezzo di gomma, una scatola di petardi e una piccola pulce. Risposta esatta: bravo il bambino e bravo Adriano Sofri, autore del quiz. Bocciato io, che quella lettura a suo tempo l’ho affrontata ma senza serbare il ricordo di un particolare decisamente non secondario.
Ho percorso il tragitto del mio ritorno in macchina da scuola facendo un gioco: cosa mi ha insegnato Adriano Sofri? Via, si comincia. Che le balene comunicano da distanze infinite, anche da un oceano all’altro, e che la globalizzazione le disturba. Che bisogna stare dalla parte delle ragazzine che salgono sugli alberi perché non vengano abbattuti. Che il futuro è appeso ai destini delle donne, specie delle donne iraniane. Che Sarajevo era uno specchio e che non si può non amare Israele, anche se si disprezzano le azioni dei suoi governi. Che la faccia di Alex Langer va stampata sulle magliette. Poi la strada è finita, mentre le cose imparate (e quelle capite) no. Sarebbero serviti altri chilometri, tanti chilometri.
Rincasato, poi, ho incontrato il suo nome tra i temi più dibattuti su Twitter. Molti si felicitavano, ma senza troppa fantasia: “Sofri è libero ma in fondo lo è sempre stato”. Suona bene, sicuro, ma a cosa sono servite tutte le sue parole sul carcere e sulla vita dei detenuti? Io mi sarò dimenticato del topo morto e della pallina di Tom Sawyer, ma c’è chi ha problemi di memoria molto più gravi.
Molti, moltissimi, esprimevano riprovazione e odio, e le solite parole d’ordine di una storia infinita. “Sofri è finalmente libero, ma quel commissario è ancora morto”. Come se scontare e non scontare una pena fossero la stessa cosa.
La scelta migliore, ancora una volta, quella dello stesso Sofri. Niente da dichiarare, proprio niente, con tante scuse. È proprio che non c’è, qualcosa da aggiungere. C’è altro da fare. Il mondo è pieno di bambini da interrogare. Chissà cosa nascondono nelle tasche.

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