Il film che ho visto ieri sera non farà la storia del cinema e probabilmente sbaraccherà in fretta pure dalla mia memoria. Qualche battuta felice e due bravi attori che sanno interagire secondo dinamiche molto più complesse di quelle che si instaurano davanti alla macchinetta del caffè più cinica della tv italiana. Forse mi ricorderò soltanto di una curiosa, duplice e tanto banale da risultare poetica definizione di felicità: l’iniziale “FELICITÀ MEZZA FELICE E MEZZA TRISTE” e la finale e catartica “FELICITÀ TUTTA FELICE”.
Secondo te i personnagi si sarebbero riferiti ad un processo (dalla felicità iniziale alla finale e catartica), oppure a due tipologie di individui in confronto alla felicità , ossia, ci sarebbero due classe/categorie di felicità:
1 – Felicità mezza felice mezza triste;
2 – Felicità tutta felice?
Forse il titolo del tuo post è già una risposta, o invece no… Comunque trovo intrigante questo post. Io il film non l’ho visto.
“Ma se i morti infinitamente dovessero mai destare un simbolo in noi, / vedi che forse indicherebbero i penduli amenti / dei nocciòli spogli, oppure / la pioggia che cade su terra scura a primavera.
E noi che pensiamo la felicità / come un’ascesa, ne avremmo l’emozione / quasi sconcertante /
di quando cosa ch’è felice, cade”.
Ultimi otto versi della DECIMA ELEGIA DUINESE
di Rainer Maria Rilke
caduti nella TERRA DI MEZZO
della felicità
d’ un’ “intrigante” pozzanghera.
I versi ri-chiamano la coincidenza di dolore e di fecondità (pioggia che cade giù e che alimenta la rinascita primaverile). (Ennelù)
“Mia madre quasi giovinetta, china
sulla Livenza, raccoglie una primula
eretta, estranea… I Mori, da Sacile,
rintoccano nell’aria tutta pura,
l’ora meridiana… E il fresco peso
della mia camiciola di fanciullo,
la nube indefinita nell’azzurro,
l’odore come un urlo silenzioso,
dei campi impubi… Tutto mi si avventa
col volo della rondine nei sensi,
e qui, snervato sopra l’erba, ancora
di me resta solo il mio cuore vivo.”
P.P.P.