Ho disegnato tanto, negli ultimi 3-4 giorni. Un pavone vanitoso che fa a gara con un cielo per vedere chi ha più colori. Un cielo che è nuvole al 90%, ma è anche miracolosamente sole e contemporaneamente notte. Insomma, poche letture e tanti pennarelli. Pennarelli dappertutto, il mio disordine preferito. Per contribuire a questo giorno sempre più indispensabile di memoria collettiva, ho ripreso in mano il Pertini di Andrea Pazienza. Le tragicomiche avventure nella Resistenza di quel pupazzetto con la pipa, i tralicci da far saltare, i tedeschi che stanno sempre per arrivare, le rampogne ai partigiani giovani e pasticcioni, Paz in testa (“Oi Paz, cos’è quella?” “U..Una dinamo.” “Eh? E la dinamite dov’è?” “Pert, mi sono confuso… qui, sulla lista, c’è scritto dinam. puntato” “Paz, se hai un dio, e ce lo tenevi nascosto, pregalo adesso!” “Giesù pietà!”). Le ultime pagine, dove c’è meno azione e più satira, sono attraversate da una malinconia preoccupata. Pertini è vecchio e ricopre ormai la più alta carica istituzionale. Non ha perso la limpidezza morale e diffida di loschi individui dalla tresca facile, che ingobbiti comunicano bisbigliando. Lui, che le cose è solito urlarle, non li sopporta. Uno di questi, e son passati trent’anni, potrebbe fra pochi giorni sedersi sulla poltrona di Presidente del Senato. Cosa direbbe Pert, cosa disegnerebbe Paz?