Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Stream of consciousness

Sciopero

Ogni mattina all’appello rispondono in 11. È per questo che non lo faccio mai, l’appello. Non serve, basta guardarsi negli occhi, e con gli occhi contarsi.

Negli occhi si può anche leggere una nuova ansia: “Prof., ci saremo ancora il prossimo anno?”.

Friuli. Carnia. Forni Avoltri. Montagna. Undici adolescenti, una terza e una pluriclasse prima&seconda. Quella che tutti ancora chiamano “scuola media”, quella che tanti hanno cominciato a chiamare Scuolamagia. Sarà per il divano al centro del piccolo atrio, sarà per il the coi biscotti tutti quanti assieme. Sarà perché i ragazzi vogliono non finisca mai, ché andare alle scuole superiori significa anni di levatacce con due o tre ore di corriera ogni giorno. Significa istituti lontanissimi, con un’esigua scelta di indirizzi e l’approdo finale dentro un’economia depressa che molto probabilmente non saprà assorbirli nel ramo che hanno scelto e li costringerà, se non vogliono fare le valige e trasferirsi in città, a turarsi il naso dentro un mestiere (precario) lontanissimo dai loro sogni.

Scuola

Alessandra ha 17 anni e rimpiange gli anni di Scuolamagia. Studiare le viene facile, ha 10 in italiano e paura di nulla. Sa però cosa significa aspettare la corriera che ti porta a scuola quando è ancora buio e il paese è bianco come nelle cartoline. Soprattutto è consapevole di quanto sia assurdo che la sua stessa fatica quotidiana debba sopportarla un ragazzino di 11 anni (o addirittura una bimba di 6) e mi dice che è disposta ad occupare la sua vecchia scuola media. Claudio sorride e dice che poi toccherebbe a lui venire a sgomberarci, grandi e piccini, i suoi figli compresi. Claudio fa il finanziere e quando c’è da dare una mano alle attività del plesso non si tira mai indietro. Nessun genitore si tira mai indietro, la scuola in paese è preziosa, quasi sacra. E, ahimè, sempre in bilico, sempre sulla lama dei tagli. Un ministro che si chiama “Tre-monti” da queste parti sembrerebbe perfetto, salvo poi anagrammarlo e ottenere “tormenti”…

Nemmeno l’amministrazione comunale ha mai negato il suo appoggio: ha rimesso a nuovo i locali scolastici, ha investito in pannelli solari e nelle biomasse per ammortizzare il costo del riscaldamento, ha rincorso tenacemente la banda larga perché nelle aule gli alunni  potessero stare al passo, e navigare liberi anche tra le montagne. Soldi buttati. Uno spreco vero, questo sì. Il prossimo anno nel silenzio delle mattine non suonerà nessuna campanella. Nessun grido di ragazzino, l’aria in paese sembrerà come svuotata.

Dà fastidio passare per un lusso, una spesa inutile caricata sulle spalle della gente onesta: io, i miei colleghi e i miei 11 studenti come l’auto blu del segretario del segretario del sottosegretario. Scuolamagia è una scuola: dentro c’è il futuro di una piccola comunità, di un piccolo pezzo di Italia, con una storia, dei tratti distintivi e una lingua speciale. Ci manca qualcosa, certo. Non abbiamo alunni stranieri, per esempio. Non per questo ci siamo chiusi al mondo. Qualche anno fa abbiamo messo in scena uno spettacolo teatrale in cui si raccontava la tragedia di Portopalo, il naufragio di Natale che avevamo scoperto grazie al coraggio di un grande giornalista.

Domani mattina giuro che faccio l’appello. Anche se non serve. Voglio sentir rispondere “presente”. Proprio lì, dentro quell’aula di montagna: presenti, il Presente. Poi chiuderò il registro e ancora una volta comincerò a raccontare loro il Passato e ad immaginare – insieme a loro – che colore avrà il Futuro.

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