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Tiananmen e il giorno che metteranno una pezza in piazza

4771b18b2dcd83b5f59e9e3b21051bb2Io in piazza Tiananmen ci son stato 5 volte. In due occasioni era la meta, nelle altre andava soltanto attraversata, come si attraversa un luogo che sta un po’ nel mezzo e ti tocca passarci per forza.

Leggo le testimonianze di chi c’era nel 1989 e mi vengono in mente soltanto le mie impressioni grandi una sciocchezza: gli aquiloni regali pilotati con maestria, i militari di guardia – molto più possenti e accigliati di quelli visti altrove a Pechino, quasi che stare lì fosse il vertice di una carriera di vigilantes – le bottigliette di plastica vuote, per terra, e i vecchietti dalla pelle bruciata dal sole che le raccolgono solerti e quello è il loro lavoro, la faccia grande del timoniere, le statue degli eroi del popolo, la bandiera, l’enorme palazzone del potere, la strada a 12 corsie, la puzza di smog, il  rumore, le vibrazioni al passaggio della metropolitana.

E l’impressione che quello non potrà mai più essere un posto normale, nonostante gli sforzi di normalizzazione, nonostante ai giovani cinesi sia da mesi impedito l’accesso a YouTube e da sempre quello alla verità. Ci vorrebbe forse una di quelle pezze che si mettono in democrazia, un marmo freddo che ricordi: “qui furono barbaramente trucidati…”. Uno di quei gesti contraddittori che accendono i riflettori sulla debolezza dell’uomo e del suo potere, come quando il nostro Stato commemora in uno spaesato cortocircuito le vittime delle tante, delle troppe Stragi di Stato.

Questa sera in cui rivedo gli aquiloni, le statue e le bottiglie vuote di quella grande macchia grigia sulla buccia del mondo, immagino il giorno in cui i cinesi ci metteranno una pezza. Ammettendo ciò che è giusto ammettere e consentendo alla memoria di mettersi in moto con i suoi complicati ingranaggi. Sarà soltanto una pezza, e scusate se non sarà poco. Una pezza in piazza.   

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