Soletta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Mozione Michael Jackson

C’è stato un tempo – era la seconda metà degli anni ’80, erano gli anni delle mie scuole medie – in cui si trattava di scegliere, di schierarsi. O con Madonna o con Michael Jackson. Bipartitismo perfetto, nessun outsider, per le altre pop star la soglia di sbarramento era altissima. Era il sistema maggioritario applicato alla musica leggera, col proporzionale di oggi qualunque Rihanna col suo 2% ottiene un seggio in parlamento. Allora no, o stavi di qua o stavi di là. E io avevo scelto Madonna. Rappresentava un po’ il nuovo che avanzava, Louise Veronica Ciccone, e tutto il resto noi fan lo consideravamo un avanzo rancido sulla tavola della musica commerciale. Era nuova e trasgressiva, scherzava coi  santi e cambiava look a ogni batter di ciglia. La mia militanza ruotava attorno a tante audiocassettine messe in fila sulla scrivania (alcune originali, tutte consumatissime), ad un poster altare appiccicato sopra il letto e all’idea che Michael Jackson fosse un buffone.

Non ci accorgevamo certo, noi madonnari, del fatto che il nostro idolo fosse sprovvisto di una voce, che le sue doti di ballerina fossero a dir poco approssimative. Non ci facevamo sedurre dal moonwalk e convergevamo compatti verso una che in abiti da maschiaccio si metteva le mani sul pacco. Cedevamo all’inganno di quell’enorme ambizione che poco aveva a che spartire con l’arte e  che probabilmente avrebbe cambiato definitivamente, in peggio, la musica leggera. Chiudevamo un occhio sul talento che soccombeva sopraffatto dal marketing. Votavamo Madonna e non sapevamo di votare per la destra più spregiudicata.

Poi, il resto dei pensieri somiglia parecchio a quello che ho letto qui, e che io così bene non so dire, anche se ricordo le 200 lire nel Juke box e anche se la canzone che mettevo io era un’altra.  

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