Due pianeti diversi, quasi per caso costretti ad orbitare dentro le stesse aule, tra gli stessi pennarelli, sotto il suono della stessa campanella. Lei fa ormai pensieri da grande, ha lo sguardo malinconico e a volte impaurito. Ma i suoi 13 anni hanno anche una piccola forza che viene dal rispetto dimostrato da amiche sincere che si aggrappano alla sua voce, sempre modulata su toni bassi. Lui è puro nervo, lui è istinto, lui è rabbia. Lui è 11 anni. Lui è appena arrivato, cerca amici e nemici e a volte sembra che per lui non faccia molta differenza tra gli uni e gli altri. Lui cerca spazio, e cerca riflettori per nascondersi.
Ricreazione. Lui provoca lei. La stuzzica, se ne prende gioco. Lei è signorile, flemmatica. Lui attacca ancora, lancia in resta, protetto dalla sua andatura di bambino dinoccolato. Lei non insulta, non lo fa mai, non è nel suo stile. Lei ha uno stile. Piccolo e tutto suo: uno stile.
Una pallonata, volontaria, rompe l’equilibrio. Lei per un attimo è cieca. Vibra uno schiaffo, anche lui piccolo. Lui straripa e scalcia, forte, in quello che al momento sembra per lui un movimento naturale. I corpi impattano.
Intervengo e sedo. Non è nemmeno difficile. Difficile è portare quiete. Lui scalpita e ovviamente sostiene di aver ragione. La sua memoria in quel momento è un brandello e nel brandello c’è solo lo schiaffo. Stringo un polso che si divincola e emana scosse. Lei si è nascosta in bagno, tra qualche accenno di solidarietà femminile. Ne esce con lo sguardo liquido. Non piange ma piange, sa che non l’ho mai vista schiaffeggiare e che forse non me lo sarei mai aspettato da Lei. Mi implora con lo sguardo di capire. Esattamente quello che sta facendo Lui, l’altro pianeta.
In quella che dovrebbe essere anche per me una pausa, ecco che devo diventare Re Salomone, Corte Suprema, il TAR del Lazio, un giudice di X Factor.
Ci sono giorni nei quali tutta quella stanchezza che sento, a sera, riesco a spiegarmela.