Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness

Trento e Trieste all’Italia: ADESSO!

Ora di storia, in aula informatica. Lavoriamo sulla primaguerramondiale, in gergo PGM. Si tratta di fare un po’ il punto, ripassare, consolidare. Da un testo che ho preparato e sparato a tutti sul monitor in corpo 32 ho tolto una serie di parole e concetti chiave: a loro il compito di rintracciarli e inserirli nel posto giusto. Volano rapidi sulle cause del conflitto e sulle alleanze prebelliche, compilando a dovere; procedono lanciati su Sarajevo e sull’escalation militare. Arrivano al paragrafetto sull’Italia spaccata tra neutralisti e interventisti. Bisogna risalire con la memoria a quei tizi fissati con il completamento dell’Unità d’Italia attraverso la riconquista di Trento e della Venezia Giulia. Ma come si chiamavano quelli? Bohhh… Con la “enne”, butta lì qualcuno che forse si confonde coi nazionalisti… No, con la “i”, dice qualcun altro. Da bravo prof. non nego il mio sostegno e mimo l’atto di trapanarmi un molare… Ridono, ma non serve. Allora aiuto di più: “ERANO GLI IRR…, GLI IRR…, GLI IRRE……”

 

E Marimù, raggiante, con le braccia al cielo:

 

“…gli irRENZIANI!*”.

 

* : ovviamente non considero questa uscita della mia alunna uno strafalcione e sono più propenso a considerarla un colpo di genio.

 

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Imago, Soletta, Stream of consciousness

Tina & Tina – Come si coglie una calla

 

I quindicianni ce li ha cuciti addosso come un vestito colorato, né piccolo né grande: sono la sua taglia e svolazzano nel vento. La ragazza esce da scuola con una fame da lupa. Mentre camminiamo verso del McCibo leggo una scritta su un muro; penso che abbia a che fare con il suo tempo e con i ricci matti che le rimbalzano in testa. Armeggio col telefonino, la spingo dolcemente verso quel graffito e eccola illuminarsi: ha visto anche lei la foto. No, meglio: si è vista nella foto. Sa da che parte deve rivolgere lo sguardo, sa di quanti passi devo indietreggiare prima di fare clic.

Qualche ora dopo siamo in un castello. Sulle pareti non ci sono scritte clandestine, ma veri capolavori. Siamo al cospetto di alcune opere della premiata ditta Weston-Modotti: scatti che han cent’anni ma sono freschi come vestito di cui sopra, quello della ragazza. Tina si era vista in quelle foto, e ne vedeva altre oltre il suo corpo, al di là del suo corpo.

Proprio come la ragazza, che uscita dal castello corre a immortalare il tramonto così come si offre allo sguardo da quella collina friulana. Ha visto una foto e l’ha colta come si coglie una calla.  

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Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

Etica Ibrahimovicea

 

In qualità di Professore Ordinario di Etica pallonara e Storia delle rovesciate volanti moderne e contemporanee ci terrei a far notare ai miei studenti e a tutti gli illustri partecipanti a questo simposio che non è l’ultima opera (4-2) dell’Ibrahimovic quella maggiormente meritevole di menzione, bensì la terz’ultima (2-2). Riconosco la grandezza di quell’imperioso librarsi nell’aria, per quanto viziato dall’imperizia del portiere e da una non certo marginale componente di culo, ma indirizzerei piuttosto i vostri evidenziatori verso quel precedente stop di petto e verso quella perentoria volée di destro, ma soprattutto – mi preme sottolinearlo – vi chiederei di soffermarvi su quell’insolito quanto irrituale cruccio, con la palla già nel sacco, nei confronti di un avversario rimasto a terra dolorante dopo aver tentato invano di ostacolare il prodigio tecnico dello svedese. Gesto così poco Ibrahimoviciano e quasi tenero, dimentico della prodezza appena consumata e giustamente sancita dagli applausi scroscianti.  

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Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

Shit learning

 

 

Nel XXI canto dell’Inferno l’Alighieri fa mollare al Diavolo una scorreggia, un peto, una puzza. Alle poetiche classiche ed estetizzanti da sempre si contrappongono i cultori della materialità dei corpi, delle cose, delle cose dei corpi. Il poeta e scrittore Roberto Piumini ha intessuto raffinate storie di dame e cavalieri; il picco del suo successo tra i giovanissimi lettori, tuttavia, si deve forse ad un testo sulla cacca.

Una brava maestra ha realizzato con i suoi cuccioli un piccolo merdosissimo (in senso letterale) capolavoro.

Il clima di una Pozzanghera – con la sua acqua stantìa, ricettacolo di escrementi – gli si addice.

 

 

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Piccola posta, Soletta, Stream of consciousness

Venute al mondo

 

 Penso a dove sono finite, ventiquattrore dopo.

Copie di giornale, allegato al quotidiano del sabato.

Quelle lasciate sui sedili di un Frecciarossa o di uno sgangherato treno locale.

Quelle appoggiate sul termosifone del bagno, a fianco del water, sfogliate fino a pagina 10, ché magari era un falso allarme.

Quelle cestinate all’istante: roba da donne, solo pubblicità, vestiti e creme antirughe.

Quelle lette avidamente, sì, ma soltanto l’oroscopo, in una delle ultime pagine.

Quelle che qualunque fine facciano, sono 50 centesimi caricati sul prezzo già alto del giornale.

Quelle inzuppate di pioggia, abbandonate nel cestino dei rifiuti a quattro passi dall’edicola.

Quelle già stivate nel bidone giallo dei bravi cittadini, carta con carta, insieme ai depliant pubblicitari e al cartone delle merendine.

 

Per tutte le altre, forse c’è ancora una speranza.

Che qualcuno le trovi, le prenda in mano e vada, e corra a pag. 60.

Per leggere storie vere di donne, nella Sarajevo assediata. Storie di vent’anni fa, anche se sembra ieri.

Storie così:

 

In un altro ufficio postale, a Marindvor, in cui la gente entrava solo per trovare riparo, una donnetta anziana parlava a un telefono, parlava e piangeva, si rivolgeva a una figlia, le raccontava delle cose confuse, poi ricominciava a piangere. Durò a lungo, nessuno le badava. Quando finì, si rassettò il soprabito sdrucito e uscì, vidi che il telefono, restato sulla sua mensola, non aveva fili.

 

A raccoglierle – ma tra i propri ricordi: sono storie di prima mano – è stato Adriano Sofri.

Se la vostra copia è rimasta davvero sul sedile del treno, non disperate. Copio il pezzo nei commenti del blog.

Ma la prossima volta state più attenti. 

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Soletta, Stream of consciousness

Aprimi cielo

 

– Andiamo sull’altalena.

Non ne ho voglia… Sì dai andiamo.

– Ti spingo.

Anch’io.

– Allora chi va sull’altalena?

Dai spingiamoci senza altalena.

– Mi hai fatto male! Lo dico a mio fratello più grande.

Più grande di cosa?

– Di tutti.

Più grande di tutti?

– Più grande del mondo.

Del mondo? Ma non c’è niente di più grande del mondo…

– Che ore sono?

Che ore vorresti essere?

– Questo gioco mi ha stufato… andiamo sopra una macchina.

Perché?

– Sotto, mia mamma ha detto che non devo andarci…

Guarda, si baciano!

– Che schifo.

A me piace quando due si baciano…

– A me no, poi mi fanno ridere: sembrano dei pesci con le orecchie…

E poi chiudono gli occhi.

– Dormono per tutto il bacio?

Mi dai una caramella anche a me?

– Te la presto.

A casa la posso mangiare?

– No, domani me la riporti.

 

Alessandro Bergonzoni, da “il Venerdì”…

 

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Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness

68/57

 

“…il mio amore per i pennarelli è secondo solo

all’amore che nutro per me stesso.

Pennarello è bello e, se sai usarlo, se lo ami,

sa darti soddisfazioni,

diventa te, diventa tuo istmo,

ne ricordo uno, enorme, bleu

dopo tre anni cominciò ad avere la lingua

secca,

e presi a usarlo per le sfumature ghiaccio delle

mie nuvole, era un buon pennarello, e mi

dispiacque

quando morì, morì per aver perso il tappo…”

 

(Andrea Pazienza)

 

L’impresa è titanica, ma la 3ª di Scuolamagia sa che quando il gioco di fa duro, i duri cominciano a colorare. Si tratta di realizzare un planisfero. Il più grande mai realizzato, a mano, in una scuola media della Repubblica. E se non ci credete speditemi il post di un’altra pazza prof. o di un altro pazzo prof. che commissiona alla sua classe 6300 cm² di terre emerse e oceani da tingere a pennarello.

E qui veniamo all’amore per quegli oggetti, per i quali anch’io da sempre sbando e sbavo.

Non dovete pensare a quei cilindri con la punta grossa, quei sigari cubani di marca scadente (nonostante scomodi un grande pittore, architetto e tracciatore di circonferenze perfette) che vanno per la maggiore nelle scuole. Con quelli si colora in fretta, alla grossa, ma il primo sole basso dell’inverno, come una lancia, trafiggerebbe nazioni e acque, stingendole irrimediabilmente. Pensate a dei pennarelli teutonici, brillanti e slanciati, tenaci e costosi in maniera quasi proibitiva. Pennarelli inquadrati come in un esercito. Rosso chiaro 68/48 a rapporto. “Signorsì signore!”

Per un’ora alla settimana, quindi, eccoci sgobbare in un’operazione che sembra una Vandea didattica, un progetto di retroguardia. Ma come: oggi c’è Google Earth e questi tracciano fiordi norvegesi con le matite e li colorano a crucche tinte??? Nessuna contraddizione, in realtà: c’è un tempo per la vertigine tecnologica di planare col mouse sull’area industriale di Taranto e c’è un tempo per fare il callo sulle dita colorando di verde pisello il Madagascar. Una cosa non esclude l’altra.

Dopo un mese di lavoro, abbiamo imparato a distinguere il carattere di ogni pennarello. Infatti, solo in apparenza quei soldatini sono tutti uguali. Il rosso e l’arancione sono docili, si lasciano stendere con facilità. Il giallo ama il bianco del foglio e girerebbe volentieri al largo dal grigio della matita e da tutti i suoi colleghi. Il verde corre veloce ma non c’è verso, le linee che tracci non s’impastano, continueranno a sembrare astine ravvicinate (l’effetto ad alcuni piace, ad altri meno). Il viola stacca su tutto, è un pennarello arrogante. Il più difficile da dominare, infine, è senza dubbio un azzurro, quello che ha superato il provino per diventare oceano, ruolo ambitissimo. Non c’è verso di farlo star buono: un giorno si comporta come un cagnolino al guinzaglio, il giorno dopo inonderebbe le coste dell’Argentina e se lo guardi bene ti sembra pure più scuro della lezione prima. Capriccioso e anarchico, ma più spesso siamo soliti pensare “stronzo”.   

Si chiama 68/57, e tra un po’ ce lo sogneremo anche di notte. Sogneremo che ci rincorre, che ci dipinge fino a farci diventare dei Puffi.

Dovete capirci: in tutto son 6300 cm², e il 70% della superficie terrestre – si sa, non è una convenzione – si offre alla vista umana con quel colore, e sarà il caso di farsene una ragione…

Ciononostante, “pennarello è bello e, se sai usarlo, se lo ami,

sa darti soddisfazioni…”.

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