Res cogitans, Stream of consciousness

Campagna elettorale

È tempo di primarie parlamentari. Confesso che domani mi recherò al mio seggio senza conoscere a dovere il profilo dei candidati ad essere candidati. Colpa soprattutto mia, avrei potuto studiare di più e meglio. Con qualche attenuante: la rete non pullula di interventi dei contendenti, decisamente poco abili e agili nello sfruttarne le potenzialità.

Poco male, per una volta il destino ha tolto le castagne dal mio fuoco.

Me ne stavo assorto davanti allo scaffale di una libreria, nell’angolo più periferico di quel grande negozio. Si è avvicinato a piccoli passi, felpati. Ci siamo spartiti – a fatica, per qualche minuto – quei pochi metri di spazio, prima che iniziassero altri settori, altri generi, altre tipologie di libro. Era lì di proposito, il candidato, convinto e fiero. Cercava delle poesie.

E ha trovato il mio voto. 

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Soltanto una mela

Quando un autore decide di divulgare un tema complesso (la Costituzione, il razzismo, la Mafia, la Shoah…) tra i ragazzi, raramente riesce a fare centro. Nascono quei libri, a volte piccini piccini, che fin dalla copertina dichiarano il proprio intento: “XXX spiegata/o ai ragazzi”. Le parole, tuttavia, capita che non siano quelle giuste. Non ci si improvvisa interlocutori di quel pubblico così ostico e ritarare una lingua su di esso è una missione impossibile. Specie per autori che con tutta evidenza non hanno manco il tempo di provarci a sufficienza.

Il libro che sto leggendo è in fondo un caso particolare che un pochino sfugge a questa regola.

L’ha scritto il giornalista Giovanni Bianconi ed è una cavalcata impetuosa dentro gli anni di piombo. Senza ragazzi, va da sé, nonostante i propositi di copertina. In primo luogo perché trattasi di un tomo di 400 pagine. Senza ragazzi, poi, per com’è scritto. I capitoli si aprono con immagini nitide, quasi tattili, le storie sono quelle dei figli adolescenti delle vittime, ottima idea nell’ottica di favorire l’identificazione dei lettori con quegli sfortunati protagonisti. Dopo la prima facciata, però, un ragazzo sbatte insesorabilmente contro le “convergenze parallele” e il “centralismo democratico”, contro “governi monocolore”, “esecutivi balneari” e “matrici neofasciste”. E non ce la può fare. A patto che per “ragazzo” si voglia intendere un ragazzo qualsiasi e non un “prescelto”, il prodotto di qualche élite.

Detto questo, ripeto: il libro è un affresco vivissimo di quei tempi agitati. Un ripasso indispensabile per chi – già grande – voglia rafforzare la sua memoria e sentirsi, come me in queste ore natalizie, un “ragazzo” affamato di storie e di Storia.

 

«Forse se n’era reso conto anche uno degli assassini, che dopo l’omicidio aveva afferrato il borsello del maresciallo convinto di rubare una pistola che sarebbe tornata utile alla causa. Ma quando l’aprì, scoprì che il poliziotto aveva portato con sè soltanto una mela».

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Il mio presepio

 

Camminavo ieri nella mattina di ghiaccio, portando a spasso il malditesta del sabato. La luce era una coperta distesa sulla mia cittadina, senza riuscire a scaldarla. Solo la facciata della grande chiesa sembrava giovarsi di quel miracolo luminoso. Da una nicchia su quella spianata verticale di marmo mi ha raggiunto l’eco di una musica. Diamonds, Rihanna. La cantano le mie alunne e ne hanno devozione. Tre corpi si riparavano dal freddo su quegli scalini protetti. Avranno avuto quindici, sedici anni, e probabilmente a quell’ora avrebbero dovuto essere in classe. I cappucci d’ordinanza alzati, gli zaini buttati lì su quelle pietre consacrate. Sullo sfondo, quello con gli occhiali si occupava della musica col suo cellulare; due gradini più in basso quello biondo e quella coi ricci rossi fuoco erano abbracciati. Lei distesa su di lui, con i capelli a cascata, gli unici ad uscire dalla nicchia per finire a favore di vento. Una pietà a ruoli invertiti: lui madre, lei cristo. Il campanile ha scoccato lentamente le undici. Biondo ha scoccato un bacio robusto sulle labbra di Rossa. Alleluja, alleluja. Io un presepio così bello non l’avevo mai visto.

 

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Compiti delle vacanze

Cara 3ª,

ve l’ho detto che ieri ero cotto. Avevo preparato 6 fogli (erano blu) con i vostri compiti per le vacanze, ma poi ho avuto la brillante idea, mentre riordinavamo Scuolamagia dopo lo spettacolo di giovedì, di appoggiarci sopra una decina di maschere dei Beatles, più quella di Yoko Ono. Risultato: sommersi e dimenticati.

Così, mentre giocavamo a “Spenna il pollo” all’ultima ora, a me ronzava nella testa una domanda: “C’è qualcosa che devo DIRE a queste creature del demonio, ma cosa?”. E non mi veniva in mente nulla, perché era DARE, non DIRE.

Se cliccate qui sotto trovate i compiti. Se qualcosa non dovesse funzionare o ci fossero dei dubbi su come impostare il vostro lavoro, sapete come fare a trovarmi.

Buone vacanze, statemi felici, nonostante i compiti.

Profus

Compiti Natale terza 2012

 

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Non possiamo non dirci gay

Ancora su @Pontifex, mica sana sta cosa.

Sembra abbia detto:

 

“I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione sono un’offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

No, spetta, rileggo:

 

“I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione sono un’offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

No spetta, ingrandisco:

 

“I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione sono un’offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

Provo col grassetto.

 

“I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione sono un’offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

Forse con un po’ di colore.

 

“I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione sono un’offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

Poco? Vediamo così.

 

“I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione sono un’offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

Chiedo a Google di mostrarmi la frase in un’altra lingua, più elastica, più moderna. Non sia mai ch’io mi sia sprovincializzato troppo.

 

“Attempts to make marriage between a man and a woman legally equivalent to radically different forms of union are an offense against the truth of the human person and a grave wound inflicted onto justice and peace”.

 

Mescolo un po’ le parole…

 

“I tentativi equivalenti di rendere il matrimonio radicalmente fra un uomo e una unione giuridicamente a forme diverse di donna sono un’offesa contro la ferita della persona umana e una verità grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

 

Lo stampatello maiuscolo non tradisce mai.

  

“I TENTATIVI DI RENDERE IL MATRIMONIO FRA UN UOMO E UNA DONNA GIURIDICAMENTE EQUIVALENTI A FORME RADICALMENTE DIVERSE DI UNIONE SONO UN’OFFESA CONTRO LA VERITA’ DELLA PERSONA UMANA E UNA FERITA GRAVE INFLITTA ALLA GIUSTIZIA E ALLA PACE”.

 

Cambiamo il punto di vista.

 

˙”ǝɔɐd ɐllɐ ǝ ɐızıʇsnıƃ ɐllɐ ɐʇʇılɟuı ǝʌɐɹƃ ɐʇıɹǝɟ ɐun ǝ ɐuɐɯn ɐuosɹǝd ɐllǝp àʇıɹǝʌ ɐl oɹʇuoɔ ɐsǝɟɟo,un ouos ǝuoıun ıp ǝsɹǝʌıp ǝʇuǝɯlɐɔıpɐɹ ǝɯɹoɟ ɐ ıʇuǝlɐʌınbǝ ǝʇuǝɯɐɔıpıɹnıƃ ɐuuop ɐun ǝ oɯon un ɐɹɟ oıuoɯıɹʇɐɯ lı ǝɹǝpuǝɹ ıp ıʌıʇɐʇuǝʇ ı”

 

Niente da fare. Mi sento in colpa, mi sogno migliore di così, mica mi basta essere migliore di @Pontifex…

Ma il mio cervello è inchiodato lì. Si è come inceppato. Non ragiona e continua a proiettare soltanto una vignetta di Andrea Pazienza. Schiaccio CTRL ALT CANC e non si sblocca. Non riesco a riavviarlo. AIUTO.

Mi arrendo: ragioneremo la prossima volta.

  

(Dove dovevano andare i Papi secondo Paz)

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Costruire ponti che non toccano l’altra sponda

Forse li sorprendeva il fatto che @Pontifex fosse arrivato su Twitter, nuovomondo, prima di loro. Fatto sta che dopo avermi sentito declamare il primo tweet papale, mentre diligentemente ricopiavano il compito d’italiano oggi alla quinta ora, mi sono sembrati un po’ delusi. Tutto qui? Certo, erano abituati ai cinguettii di @BarackObama e di @MichelleObama, i miei ragazzi, e forse con un principiante bisognerebbe essere più indulgenti.

Rincasando, qualche ora dopo, rimuginavo su quella schermata giallina, su quell’utente così “autorevole”, sulle ambizioni di quel progetto comunicativo, cercando di mettere a fuoco il conto che non tornava. Che è in fondo sempre lo stesso. Centinaia di migliaia di persone che ti seguono (followers, per gli iniziati…), e presto saranno milioni, nessuna da seguire. Anzi, 7: se stesso twittante in altri 6 idiomi del globo terracqueo. Il trionfo dell’autoreferenzialtà, e l’assurdo di un account ex cathedra, col dogma dell’infallibilità. Forse è solo questione di tempo e di acclimatamento, ma perché non seguire… che so… @CardRavasi, @fam_cristiana, @AndreaDisint@DalaiLama (uno che a dirla tutta non segue neanche se stesso nelle altre lingue…), solo per citarne 4?

Come diceva Alex Langer, autentico “costruttore di ponti”, è bello e importante amare le bandiere, ma a patto di cominciare da quelle degli altri. Sono convinto possa valere anche per i tweet, che provano ad essere dei cip cip. Potenzialmente qualcosa di molto più ambizioso dei soliti beeh beeh.

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Li vidi intrisi di spicchi di kiwi

 

Non ricordo bene chi fosse il poeta. Credo Fortini. Ricordo il sapore severo di quelle sue parole, però. Insegnanti, vi prego di non far comporre versi ai bambini e ai ragazzi a scuola. Realizzeranno perlopiù delle schifezze, non per colpa loro, e ne saranno consapevoli. Quella sensazione si legherà in modo indissolubile alla loro concezione di poesia: una schifezza. Fortini? O forse era Raboni…

Sono stato quasi sempre fedele all’autorevole raccomandazione, con qualche eccezione. Come quella, ad esempio, delle poesie monovocaliche.

Ecco una silloge dell’ultima esperienza creativa e poetica a Scuolamagia, risalente  a qualche settimana fa. Il filo rosso che ci ha legati: la b i

 

Li vidi in bici, intimiditi, sfiniti, li vidi privi di stili.

Lì vidi i primi sprint di ciclisti primi,

vidi i visi tristi di ciclisti vinti.

(Thomas)

 

Diritti ciclisti in kilt di vimini,

i visi dipinti di spicchi grigi!

Fisici disinibiti di tipi fighi!!!

Lidi vicini, invisibili siti privi di ciclisti vidi.

(Carlotta)

 

Tinti, grigi, ricchi I mitici Kiss

li vidi in bici, sfiniti, lì in Mississipi.

Vizi, brividi, ritmi, dischi tristi:

i Kiss li vidi irrisi in viscidi irti clivi,

in fitti ripidi giri,

in primitivi tricicli.

Cibi fritti, kiwi, mirtilli, vini, spriz:

ricci tristi vidi i mitici Kiss.

(Francy)

 

Vidi i ciclisti,

tipi fighi, fisici mitici,

dissi:

“Vinci!!!”.

Giri, giri, giri, giri rigiri:

tristi ritiri, dissi:

“Spingi!!!”.

Visi grigi, distinti,

li vidi tristi, dissi:

“Ridi!!!”.

Finì…, dissi:

“Disint, whisky?”.

(Davide)

 

Vidi i fitti pini di Rimini.

I ciclisti li vidi lì.

Vidi i ciclisti figli di Gigi.

Vidi lividi tristi,

grigi litigi,

finti ritiri,

ripidi giri, tricicli dipinti,

mitici sprint, vidi.

Vissi dischi vinilici,

libri distinti, spicchi di fichi,

nidi di bimbi.

Vinsi istrici,

ghiri,

limpidi istinti,

cicli di vimini.

Vidi, vissi, vinsi.

(Cristiano)

 

Vidi i giri ripidi di ciclisti vivi,

i gridi di tipi fighi,

i ciclisti sfiniti, dissi:

“Finish!”.

I visi dipinti di kiss kiss di miss chic.

Li vidi intrisi di spicchi di kiwi,

in cin-cin di vini spritz.

(Martina)

 

Vidi Gigi, gli dissi:

“Insisti, vinci!”.

Giri infiniti in bici,

mitici ciclisti,

ritmi distinti,

fisici vinti.

Vidi il “finish”, vinsi.

Brindisi: cin-cin.

Tini di vini

vini divini,

giri finiti,

ciclisti brilli.

(Manuel)

 

Vidi i ciclisti: tipi in pink.

(Nicole)

 

I primi tricicli, spinti lì,

dipinti di grigi mitici.

(Irene)

 

Vidi i ciclisti,

fighi,

fisici invincibili!

Brividi!!!

Lì, vidi Disint,

finì i giri.

Spingi, spingi – gli dissi.

Visi sfiniti:

tristi i ciclisti.

(Rebbi)

 

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Il calendario laico di Caterpillar

 

Quando mi capita di rincasare a quell’ora, parlo delle 19:00 o giù di lì, di solito mi ricompongo, rettifico la posizione del guidatore che non ne può più di guidare e mi dispongo all’ascolto di una pagina di radiofonia che fa onore al servizio pubblico.

Vado matto per il CALENDARIO LAICO di Caterpillar. Trovo quel rovistare nel grande sacco delle storie per proporre ogni sera agli ascoltatori il “santino” di un personaggio meritevole di stima e memoria, la “resurrezione” di un popolo, l’ “annunciazione” di un oggetto quotidiano che ci ha cambiato per sempre la vita, di un’opera d’arte divenuta immortale (per dire, scrivo mentre mi raccontano la prima de La Corazzata Potëmkin…), di un’idea, di un diritto, …semplicemente encomiabile.

Prima di tutto perché il progetto immagino contraddica tutti i dogmi della radio commerciale e di successo: profuma di scrittura, di buona scrittura, esige concentrazione, propina fatti spesso inattuali, ha un profilo etico altissimo.

Secondo perché è tutta la squadra del programma ad occuparsene, a turno, senza le gerarchie che sarebbe lecito aspettarsi. Un giorno ci pensa il celeberrimo conduttore, il giorno dopo la conduttrice emergente, quello dopo ancora il webmaster di cui nessuno conosce la voce.

A volte, terminato il breve frammento radiofonico, ho pensato che dovrebbero essere così, le mie lezioni di storia. Una al giorno, ogni giorno un uomo o un fatto umano da santificare. Addio Prima Guerra Mondiale, non servi a niente. Addio cronologia rigorosa degli eventi.

Da anni Caterpillar persegue un umanesimo laborioso e sincero, un umanesimo della porta accanto, ironico e fondamentalmente ottimista. Ci sarà un motivo se in passato ho spesso fermato la macchina a qualche chilometro da casa per non arrivare troppo presto e dover scendere prima che la trasmissione fosse giunta alla fine.

Ecco un esempio scritto e due orali. 

Domani è il 14 novembre
di Massimo Cirri

Il 14 novembre 1889, alle 9.40 del mattino, a New York, una ragazza si imbarca su un battello a vapore. Ha 25 anni e porta con sé il vestito che indossa, un cappotto robusto, una piccola borsa con molti ricambi di biancheria intima e gli articoli da toellette. In un sacchettino legato al collo ha un po’ di dollari, 200 sterline e anche dei lingottini d’oro.

Si fa chiamare Nellie Bly e parte per fare il giro del mondo. E deve farlo il più velocemente possibile, deve battere Jules Verne ed il Giro del mondo in 80 giorni.

Nellie è una giornalista. Ha cominciato a scrivere quando legge un articolo sessista su un giornale e allora butta giù una lettera molto precisa ed incacchiata all’editore. Che la assume. Così scrive numerosi articoli investigativi, poi viene relegata alla pagine femminili. Allora si stufa e va a New York e convince ad assumerla in un quotidiano un signore che di nome si chiama Joseph e di cognome Pulitzer. 

Poi Nellie passa una notte davanti allo specchio per imparare a fare le espressioni facciali da “squilibrata”, poi prende una stanza in un pensionato per operaie e quando è il momento di spegnere la luce dice che non vuol dormire, che ha paura degli altri, che gli altri sono matti. La mattina dopo il proprietario dice che la matta è lei e chiama la polizia. La visitano diversi medici, lei dice che non ricorda nulla. Loro confermano che è proprio matta, “un caso senza speranza”. Così finisce internata al Lunatic Asylum al Blackwell Island, un manicomio femminile. E’ quello che vuole per raccontare la brutalità, il cibo schifoso, i topi dappertutto, i calci delle infermiere, i secchi di acqua gelida. Tutto quello che fa diventare chiunque – dopo un po’ – “matto” davvero. Lei viene liberata dal suo giornale – chissà se ha avuto paura che la lasciassero lì per sempre – e scrive il libro che inventa il giornalismo investigativo sotto copertura. Come mettere insieme Sabrina Giannini di Report e Fabrizio Gatti de L’Espresso. Si intitola Dieci giorni in un manicomio.

Invece per fare il giro del mondo di giorni ne impiega settantadue. Più sei ore, undici minuti e quattordici secondi. E’ il record di circumnavigazione della terra. Attraversa l’Inghilterra, la Francia (dove incontra Jules Verne), il Canale di Suez, Ceylon, Singapore, Hong Kong e il Giappone. Passa anche da Brindisi, viaggiando sempre senza essere accompagnata da un uomo. Poi sposa un milionario.

Così domani 14 novembre Caterpillar si ricorda di quelli che si intrufolano nei luoghi chiusi per raccontarne gli orrori e delle donne che viaggiano da sole.

 

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Ballottaggio tra Vecchio e Nuovo

 

 

Ho sempre paragonato quel gesto alla muta di un serpente.

Le prime volte ero impacciato, lento, insicuro, confuso.

Col tempo è sopraggiunto un po’ di mestiere, nonostante la completa assenza di grazia.

Oggi lo compio e inevitabilmente ci vedo una metafora.

C’è da sbarazzarsi del Vecchio, dell’usato, e c’è da far spazio al Nuovo.

Chi ti ha accompagnato per molto tempo, ha occupato il tuo spazio, ti è venuto appresso nel mondo, ora scricchiola e si rompe, è una coperta che diventa troppo corta, anche se provi a fartela bastare. Ti lascia la sua ruggine sulle mani, però è fedele, madonna se è fedele. Lo rimetti subito in riga girando una chiavetta, nel caso si fosse rilassato troppo dormendo sul divano.

Il rovescio della medaglia è quel Nuovo così fresco d’incarto e di scontrino. Sai di aver scelto la qualità e di non aver badato al prezzo, ciononostante nei primi giorni percepirai una distanza, una barriera fisica. Ti sembreranno dei corpi estranei, percepirai un reciproco rigetto.

Mi sono misurato centinaia di volte con quell’ostilità metallica, con quell’indisciplina. Ci voglion giorni, poi passa. E ci vuole orecchio, va da sé.

Ci si abitua in fretta, al Nuovo. E si dimentica il vecchio, si perde per sempre la sua storia, aggrovigliata senz’arte e gettata via.

Tra vecchio e nuovo, tra il ricordo di vecchie canzoni e il pensiero per quelle da cantare presto, in un sabato di malditesta, ho cambiato le corde alla chitarra.  

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