Soletta

Quando se ne vanno i colori

"…a te piacciono i colori?
Sono proprio belli.

Il problema dei colori è che lì non stan fermi‚ hai capito?
Tempo domani e se ne vanno‚ stai tranquillo‚ non t’illudere.
E’ tutto lì il problema‚ il problema dei colori: perdersi‚ ritrovarsi; è tutto lì il problema: i colori.

I colori non stan fermi.

Il colore buono è il bianco‚ perché rimane fedele‚ il resto si ribella: il
grigio s’intristisce‚ il nero si fa nero‚ il viola scappa al tramonto‚ il giallo brucia tutto e l’azzurro costa caro eh… per fare il cielo ce ne vuole mica solo un tubetto: 100‚ 200‚ anche 300 tubetti ci vogliono per fare il cielo
Però i colori sono belli visti da dietro.
Tè l’hai mai visto un rosso da dietro?"

Epifanio (Antonio Albanese)

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Res cogitans, Tutte queste cose passare

Buona morte a te

Fossimo i cittadini di una democrazia sostanziale e non rappresentativa, interpellati singolarmente e posti davanti alle sue argomentazioni, TUTTI “staccheremmo la spina” a Piergiorgio Welby. Tutti, e paradossalmente senza neppure pensarci tanto, magari anche solo perché incapaci di contraddirlo senza colpire con le parole il vento o il vuoto. Rimane un senso d’incompiutezza nel constatare l’inutilità o, come sembra dire Francesco Merlo su “Repubblica”, l’inappropriatezza della politica nel rapportarsi al problema.

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Stream of consciousness

Appartenere

Sfilano mentre piove una pioggia freddissima, venuti da distanze.

Celebrano il ricordo di distruzioni ricostruzioni.

Si riconoscono gialli fosforescenti con gialli fosforescenti.

Credono univocamente alla missione di dare aiuto e protezione, civile protezione.

Sotto la pioggia, compiranno il loro quasi religioso rito di appartenenza.

Io, che alla finestra indico alla bambina incroci di elicotteri, scopro ancora una volta me stesso – uomo tra gli uomini – incapace di appartenere.

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Le storie di Scuolamagia

Welcome!

In fondo alla mia via c’è una scuola primaria – leggi: elementare – frequentata da numerosissimi bambini. Numerosissimi per quelli che sono i miei standard, ovviamente. Anche in quella struttura nel corso della settimana appena trascorsa si saranno susseguiti gli incontri collegiali dei docenti, saranno stati svolti gli adempimenti burocratici di rito. Ma gli insegnanti hanno TROVATO IL TEMPO per ritagliare tanti triangolini colorati da disporre su una festosa catena affissa sopra il portone, con una scritta: BENVENUTI! Chapeau!

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Fiori di Biblioteca, Le storie di Scuolamagia

Fiori di biblioteca

Maddalena da oggi ha 18 anni. Tra le cose che fa, nel giorno di un compleanno non qualunque, c’è anche venire a cercare il libro di Pino Roveredo, Mandami a dire.

 

Ci penso su e dico a Raffaele che sarà la millesima volta che mi parla di Briciola, il suo cane, ma che io non l’ho proprio mai visto. Mi guarda, lo guardo. Non starai mica pensando… E invece lo sta pensando e dopo cinque minuti tra libri e scaffali oltre a chi parla c’è pure chi abbaia e un po’ – ma solo un po’ – puzza.

 

Per Giuseppe ieri era il primo giorno di scuola, scuola superiore. Mi dice serio che ai nuovi insegnanti è bastato poco per capire la fragilità delle sue basi, specie in italiano. Poi non ce la fa più e ride. Non è vero ma è vero che io ci sono cascato di brutto.

 

Sabina quest’estate ha riletto il quaderno di italiano di 3ª media: temi, letterine, i commenti del prof. Io rovino tutto e le chiedo sensazioni, impressioni dopo il viaggio nella memoria. È così evidente che il gesto bastava a se stesso.

 

Greta. Greta adesso sfreccia col suo scooter nuovo fiammante e io sto in pensiero.

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Res cogitans, Stream of consciousness

Ma tutto questo Alice non lo sa…

Voglio conoscere l’importo della mia ultima bolletta telefonica. L’operazione ormai avviene on line, con uno username e una password. Ma chi se la ricorda la password? Io no di certo. Già fatico quotidianamente con il codice numerico segreto del bancomat e la parolina magica per la posta elettronica. Vabbè, c’è il comodo servizio RECUPERA PASSWORD, che sfortunatamente non funziona. Vabbè, c’è il sito 187.it, che sfortunatamente tace e mi dice di chiamare il 187. Dopo la solita “tombola” – se premi uno succede questo, se premi due quest’altro, se premi tre… – l’operatore mi ascolta con estrema gentilezza e attenzione, ma è solo un’apparenza. Infatti, mi colpisce a morte:

«Perché non se la ricorda, la password?»

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Le storie di Scuolamagia

Samantha che non ci sarà

Sarebbero dovuti essere in 5, saranno in 4 i miei nuovi cuccioli. La nuova 1ª C di Scuolamagia. Nei panni di quella che non ci sarà, la bimba che forse avrebbe avuto più bisogno di esserci. Due occhioni enormi in un viso perennemente imbronciato e vagamente diffidente, capace di sciogliersi in fretta in un sorriso dolce, ma soltanto al suono delle parole giuste. Spiava i ragazzi delle Medie che giocavano a pallone, l’anno scorso, prima della campanella del pomeriggio. Silenziosa, curiosa, nascosta dietro una frangetta di capelli neri. Oggi, sull’elenco degli alunni fornitomi dalla segreteria leggo: trasferita. Scritto a mano, in rosso. Come fosse la correzione su un tema. Ci son rimasto male. In questi giorni capita che gli insegnanti auspichino per il proprio anno scolastico alle porte classi tranquille, prive di cosiddetti “alunni problematici”. Io speravo ci fosse anche lei, perché sapevo (vox populi) della sua vita complicata e forse un po’ più dura di quella dei compagni. Peccato. Sono le assenze le più acute presenze, diceva un grande poeta.   

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Stream of consciousness

Andrea

donada2

Premessa: prego astenersi cinici lettori allergici a sentimentalismi ricordi strazianti e affini.

Quando quattordicenne mi sono trasferito in questa cittadina, c’ho messo un bel po’ prima di “inserirmi”, ammesso poi di esserci riuscito. Ricordo giorni di acre solitudine e la sensazione di essermi perso. Ricordo anche i pomeriggi affacciato a guardare dalla finestra aperta un fuori che mi spaventava: la strada, le macchine, i negozi, le urla dei bambini che giocavano a pallone. “Ehi, vieni giù!”, fece una di quelle voci. La voce di un piccoletto di 8 anni. Andai effettivamente giù – io, molto più grande di quei marmocchi – e mi sentii per la prima volta ACCOLTO. Un’oretta pomeridiana da allora la passai così, e quei bambini li vidi crescere. Più tardi, al liceo, quando dovevo studiare tanto mi limitavo ad appollaiarmi sulla finestra con il libro di latino: un po’ leggevo, un po’ facevo la telecronaca. Quel bimbo vivacissimo quanto dolcissimo è decisamente cresciuto, il lavoro che si è scelto sembra un lavoro sicuro, la sua voce è diventata una bella voce di cantante per hobby. Purtroppo ci siamo persi di vista, come succede. Il piazzale sotto la mia finestra era quello dietro il negozio dei suoi genitori, nel quale oggi si reca ormai sporadicamente e quando magari io chissà dove sono. Oggi parlo di lui perché, giovanissimo, si è sposato. Oltre alle solite pippe sul tempo che passa, getto nella pozzanghera il rimpianto per non averlo incontrato per strada nei giorni scorsi, Andrea, per essermi perso l’imbarazzo di non saper cosa augurargli per il suo matrimonio e non riuscire a dirgli grazie per quel “vieni giù”, detto a uno sconosciuto 17 anni fa.

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