Tutte queste cose passare

Interrogazioni parlamentari

Se fossi un deputato di qualsiasi colore avrei il terrore della iena Sabrina Nobile. Potrebbe sbucare da ogni angolo per rivolgermi una delle sue celebri interrogazioni. Dopo aver visto l’On Fini (non Gianfranco, che avrebbe probabilmente risposto e fatto incarcerare l’intervistatrice) di Forza Italia sottoposto ai quiz del programma di Italia 1, ho capito che ci sono uomini pubblici che vivono in un mondo a parte, un altrove paradisiaco privo del concetto di figura di merda. Altrimenti l’On Fini l’avrebbe fatta finita per sempre, con la politica e con la vita.

Riassunto.

La iena regge il microfono e una copia del “Corriere”. Chiede, facendo riferimento ad un commento in prima pagina: “la situazione del Darfur, un’emergenza africana…”.

Il politico (uomo maturo, tutt’altro che anziano!!!) risponde che noi italiani siamo un popolo dello stile, del buon mangiare, che rischiamo di farci bruciare da una fretta assurda che viene dall’estero…

Il Darfur.

Il fast food.    

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Soletta

La più vera di tutte le rose

Volevo tenere per te

la luna del pomeriggio

volevo tenerla per te

perché è sola come è solo il coraggio.

Volevo tenere per te

la luce di quando fa giorno

e volevo che fosse per te

anche l’attesa che diventa ritorno

e volevo tenere per te

la più vera di tutte le rose,

volevo tenerla per te

come tutte le cose…

 

Gianmaria Testa

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Le storie di Scuolamagia

Lisa e Lia

Oggi mi sono fatto da parte. “In cattedra” sono salite Lisa e Lia. Sorelle. 150 anni in due. Un secolo e mezzo di lucidità e vigore: una gestisce il suo albergo centenario, l’altra prepara ogni mattina i panini dei miei cuccioli, nel suo negozio di alimentari. Sono entrate a Scuolamagia per raccontarci l’alluvione che 40 anni fa ha sconvolto la vita del paesino, enorme tragedia oscurata dalle contemporanee vicissitudini fiorentine. Ci hanno detto dei torrenti impazziti, del cielo nero, del rumore che capita loro di sentire ancora: nella stanza di certi ricordi. Ci hanno detto della paura, del dolore per i morti, ma anche della solidarietà, della forza di ricominciare, di ricostruire. Ci hanno pure confessato che la gente del posto – al di là dei luoghi comuni sulle sciagure che ti cambiano, che ti segnano – è rimasta suppergiù la stessa. Affranta e bastonata, ma sostanzialmente la stessa. Poi si sono soffermate per una tazza di the, per chiedere al ragazzino come sta la nonna, per leggere qualche somiglianza tra quei volti oscenamente giovani e le rughe di qualche altro vecchio del paese.

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Cineserie, Soletta, Stream of consciousness

Notti, con o senza storia

«La pensioncina ai piedi della muraglia ha le lanterne rosse e i serramenti di alluminio anodizzato. Non c’è acqua calda, ma c’è la tivù, dove vedo uno che suona il flauto traverso con il naso. Poi vedo anche un telefilm con un bambino che vomita spaghetti. È tutto perfetto. In questa sera al neon posso scrivere l’ultima cosa che ho da dire.

[…]

Applaudono molto, alla tivù, perché il tipo che suonava il flauto traverso col naso adesso lo fa tenendo in bilico sulla testa una quantità impressionante di piatti e bicchieri. Su un altro canale c’è il Milan. Sterile possesso palla. Fuori, nel buio, la Grande Muraglia. Ma impastata con il nero senza storia di una notte cinese.»

 

Inevitabile pensare alla mia grandemuraglia, leggendo quella di Baricco su “Repubblica”, a chiudere il suo libro sui Barbari. È un tempo di progetti, questo autunno. La scuola, la vita. Ho pensato di aver scritto troppo poco, del mio Viaggio. Presto, forse, invece. Anche su queste pagine, sì…

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Le storie di Scuolamagia, Soletta

La copertina

Non è la prima volta che mi capita di imbattermi in un libro così. Apparentemente innocuo, grazioso e accattivante nell’estetica, tuttavia custode di parole crudeli e scandalose. Incredibili proprio perché concrete e riferite a fatti realmente accaduti. In copertina c’è il volto di una bambina riflesso in uno specchio. Un volto truccato, il volto di un clown. Il titolo è ancora più rassicurante: Buongiorno, buonasera, ti voglio bene.

Tanti colori vivaci, comanda un rosso buono. Dentro, la storia di Corina, ragazza cresciuta nella follia delle strade di Bucarest, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Una tragedia lunga diciotto capitoli, tra il freddo delle notti rumene, la violenta solidarietà tra simili, la discesa nelle fogne, i furti, i pranzi nei cassonetti, gli stupri subiti e inferti, la colla inalata per dimenticare e dimenticarsi, i tagli e le bruciature sulla pelle. C’è anche un riscatto, nel libro, legato all’incontro con il clown francese Miloud, al quale il Nobel per la pace non lo danno ma dovrebbero farlo ogni anno per almeno un secolo.

Stamattina ho pure avuto la brillante idea di cliccare qua e là alla ricerca di immagini che raccontino questa tragedia quotidiana che si consuma nel vecchio continente.

Mi casca addosso con periodica esattezza, la storia dei ragazzi come Corina. Poi, nei giorni successivi, faccio sempre la mia parte per raccontarla, per diffonderla. Senza inganni, con onestà. Quella che manca a una copertina che promette zucchero filato mentre avvolge pagine di aceto.

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Ascesa al Monte Ventoso

Uno che non ha i riti va a finire che se li inventa. Oggi cominciava l’inverno e finiva quella stagione iniziata alla fine dell’inverno scorso (per me le stagioni sono due: l’inverno e quell’altra). Tra qualche giorno, infatti, nel paese dove lavoro potrebbe potenzialmente nevicare a dirotto. Oggi, invece, ottobre offriva un pomeriggio decisamente mite. La data doveva essere celebrata a dovere, con un rito in bilico tra i perenni cicli della natura, indifferente al destino di noi prato di aghi sotto il cielo.

Con Maddalena ho affrontato la salita (praticamente un muro) che porta sul Cret di Navos, 1241 metri da cui guardare il paese di Scuolamagia e rimanere incantati. Come sul cornicione di un palazzo di quasi 400 metri (le abitazioni sorgono a quota 900 metri) ho spiato i miei alunni formichine che si avviavano verso il doposcuola, gli ex alunni che smontavano dalla corriera, mille altri dettagli dentro un unico vertiginoso panorama.

Ora l’inverno può davvero coprire tutto, pulire tutto.

Il rito è compiuto.

Penso di non aver mai scritto un post così brutto.

Scusa Madda (e grazie), scusa a tutti.

La foto è tratta da wikipedia, che tutto quello che scopro sa già, e questo mi fa un po’ paura. 

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Res cogitans, Tutte queste cose passare

www.vomito…

Sul sito di “Repubblica” in alto (e in rosso!!!) c’è il parziale pareggio dell’Italia (0 – 0), con una foto di un disperato Luca Toni. Più in basso (più in basso!) e decisamente meno in evidenza una foto di Anna Politkovskaya, quasi serena, e la notizia della sua morte. L’immagine dell’eroica giornalista è contornata dalle seguenti news: TEDESCO IL PIÙ VELOCE A SLACCIARE I REGGISENI, MARTE: ADESSO SPUNTA IL TESCHIO TRISTE, CAPPELLI PREZIOSI IN PASSERELLA: UNO COSTA 750 MILA DOLLARI, TATUAGGI ARTE E TECNICA…, INAUGURATO IL FESTIVAL DEL CINEMA EROTICO.

Ho deciso: domani sciopero io e la mia copia del giornale di Ezio Mauro rimane lì. 

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Fiori di Biblioteca, Le storie di Scuolamagia

Fiori di biblioteca (2)

Giù e Noemì sono piene di luce perché presto nascerà loro una sorellina e chissà dove le metterò l’accento.

 

Andrea ha deciso di prendere in prestito una biografia di Mussolini. Se proprio si tratta di essere fascisti come tutti gli altri, lui vuole farlo a ragion veduta.

 

Non c’è verso: Ale si ricorda tutto. Dell’Affaire Dreyfuss, per esempio, ma anche di quella volta che arrivata a scuola elegantissima con gli stivaletti di pelle l’ho accolta con un “sei venuta in moto?” e forse non era proprio sta grande accoglienza.

 

E poi io. Ho preso tre libri sull’emigrazione friulana nel ‘900. Forse sarà proprio lì che andrà a parare lo spettacolo teatrale natalizio. Forse è anche un po’ colpa del Nuovomondo di Crialese.

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Imago, Res cogitans, Soletta

Una foto di Alex

Scontri come quello tra Mastella e Di Pietro mi mettono sempre una grande malinconia e dalla malinconia spunta sempre il ricordo di Alex Langer. Che era già morto prima che qualsiasi seme di interesse politico germogliasse nelle mie giornate e al quale ho sempre guardato – scritti alla mano – come ad un FUORICLASSE nel mondo di chi deve amministrare la cosa pubblica e disegnarne il futuro.

Rileggo pagine, allora, e sono bagliori.

«Che dire allora, degli zingari, popolo mite e nomade, che non rivendica sovranità, territorio, zecca, divise, timbri, bolli e confini, ma semplicemente il diritto di continuare ad essere quel popolo sottilmente “altro” e “trascendente”, rispetto a tutti quelli che si contendono territori, bandiere e

palazzi? Un popolo che, un po’ come gli ebrei, fa parte della storia e dell’identità europea proprio perché, a differenza di tutti gli altri, hanno imparato ad essere leggeri, compresenti, capaci di passare sopra tutti i confini, di vivere in mezzo a tutti gli altri, senza perdere se stessi, e di conservare la propria identità anche senza costruirci uno stato intorno!»

Cerco qualche foto, trovo questa.

Ho sempre amato le foto in cui i soggetti fuggono l’obbiettivo e guardano verso l’alto.

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