Io vorrei essere quello piccolo.
Che messo lì sembra il capitano ma ovviamente non è.
Che è sempre colpa sua, ma con lui nessuno si arrabbia mai per davvero.
Che piange e ride per un niente.
Che quando piange parla parole troncate, si mangia l’ultima vocale.
“…è colp su, di quell stronz, gli spacc il mus”.
Che, come dice il collega, “non è un bambino, è un capriolo”.
Che conosce almeno 100 modi di stare su una sedia, tutti sbagliati.
Che vive in un avvincente presente, e il suo futuro finisce dove finisce il ciuffo spettinato.
Che si offende quando gli dico che i Pooh fanno schifo.
Che è dolce e violento.
Che…
«…avere un cuore semplice aiuta. Abbassare il volume, ritrovare lo sguardo nuovo di chi vede, da bambino, le cose per la prima volta, e conservarlo. Curvare, se non si può andare dritto, farsi invisibile se serve. Fare più silenzio, a volte. Parlare con i fatti, con i gesti.»
(CdG, “la Repubblica delle Donne”)