Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Elogio dell’Atletica

L’atletica leggera è un mondo ricco di storie. Nonostante l’inarrestabile invadenza del business, conserva un fondo di umanità inattaccabile. Merito delle origini classiche, forse, oppure dei ritmi delle gare, con quell’ascesa emotiva dalla concentrazione (letta negli occhi) alla suspance fino all’eventuale catarsi. Dipenderà da quel misurarsi con il limite umano per tentare di varcarlo: per un centimetro, per 8 centesimi di secondo. Sarà che tagliato il traguardo, spiccato il salto, lanciato l’attrezzo ci sono sempre quello che ha vinto e quello che ha perso, con le loro facce agli antipodi, e nessuna polemica, nessuna protesta.

Le storie, dicevo. Ogni volta che vedo la falcata di Kenenisa Bekele, mi sembra di veder correre al suo fianco la sua ragazza, Alem, esattamente come durante il tragico allenamento sugli altipiani in cui la giovane si accasciò per sempre, col cuore stanco di pulsare.

Bisogna guardarlo bene negli occhi, Kenenisa che corre i 10.000 in 26’17″53. E poi pensare agli occhi di Materazzi che si rialza dopo la testata, e a quelli di Zidane e perché no?, a quelli di sua sorella.

Non sono niente male anche gli occhi di Blanka Vlašić, saltatrice in alto. Brava, bella, sexy e famosa. Ma dov’è la “storia”? Semplice: nel tempo libero cotali occhi croati e fuggitivi sono puntati su un bianco foglio e sui tratti di una penna. Scrive poesie, Blanka Vlašić. Fossero pure bruttissime, pensate a come sarebbero quelle di Materazzi…

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Res cogitans, Soletta, Tutte queste cose passare

Chiude “Diario”

Voleva essere una rivista dedicata alla “buona lettura”, Diario. Ci riusciva, davvero. Penso al penultimo numero, e al reportage del direttore da Garlasco, scena del crimine. Una lezione di giornalismo, su come andare oltre le tracce di sangue e gli alibi di ferro e riuscire a raccontare chi siamo, cosa siamo diventati tutti.

«Uno ci passa centinaia di volte sull’autostrada Milano-Genova. Uscita Pavia sud-Gropello-Garlasco.

Se uno va al mare è appena all’inizio, lo aspetta il bivio Casei Gerola da dove si giunge a Voghera della casalinga, il bivio Tortona dei sassi mortali. E ogni volta che poi superi Isola del Cantone ti trovi a pensare: se vivessi qui, qualche pera ogni tanto me la farei anch’io.

Uno poi passa le gallerie e arriva a Bolzaneto, che fino a sei anni fa non era niente, e adesso è la caserma del G8. Poi appare Genova.

Ma se uno torna dal mare, l’uscita Garlasco è solo una tappa della stressante avanzata verso casa: se sei a Garlasco, sei a Bereguardo, se sei a Bereguardo sei ad Assago, se sei ad Assago sei a Milano. Come quando venne liberata l’Europa: se sei a Omaha Beach, sei  a Cherbourg. Se sei a Cherbourg, sei a Lilla. Se sei a Lilla, sei a Parigi. Se sei a Parigi, sei a Berlino.

Pochissimi escono a Garlasco, a meno che non debbano andare proprio a Garlasco, a Mortara o a Gropello Cairoli. Ma d’ora in poi penseranno: Garlasco del delitto».

Che incipit! E poi continua, e sembra di leggere un romanzo.

I pubblicitari sembrano non voler mettere le loro modelle al fianco di una scrittura così, e forse anche chi scrive così vivrebbe con disagio le sue colonne d’inchiostro mescolate a cosce e sguardi di pantera. Insomma, verrebbe da pensare che in Italia un settimanale duro e puro e intransigente come “Diario” non sia più possibile.

Peccato, mi mancherà.

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