Si muore bruciati a cavallo tra questi anni: quello che finisce quello che inizia. Sono morti gli operai, in una lunga morte centellinata. Abbiamo contato fino a sette, ora basta. Voglio ricordarmi di Kebe Peinda Gotha, che il 7 dicembre si è data fuoco in Campidoglio ed è morta ieri dopo atroci sofferenze. Protestava, voleva incontrare il suo presidente in visita a Roma. Diceva di essere incinta, non trovo conferme. Non trovo soprattutto una spiegazione per il suo gesto, e forse è colpa di chi per mestiere avrebbe dovuto trovarla. Quali ragioni per l’estrema protesta?
Altre spiegazioni nemmeno si azzardano, vengono sottaciute: ne usciremmo con le ossa rotte. Perché esiste ancora una notte in cui pallottole festanti (?) e vaganti uccidono ragazze diciassettenni (ironia e perfidia della sorte: la vittima, Duana Cornelia, romena!!!)? Perché esiste ancora una notte così? Quello che parlava ieri sera, in fondo, era il Presidente italiano, mica quello del Senegal. Una strigliata, un forte richiamo, un monito, almeno una tiratina d’orecchi. Niente, i soliti equilibrismi. E nemmeno una modella francese al fianco.
Comincia così, questo quarto anno nella pozzanghera (Auguri!!!).
Cercando spiegazioni.