Le storie di Scuolamagia

Mai cenço

Ognuno dei miei nove alunni di terza doveva interpretare un barbone, nello spettacolo “natalizio” che quest’anno ci chiamava “Cenço” (che significa “senza”, nella meravigliosa lingua del paese di Scuolamagia, ma che si legge “cencio” e quindi anche panno logoro, straccio…). Angelina stringeva tra le mani borse di plastica, indossava una vecchia gonna e aveva un’aria zingara. Giuseppe tossiva e sembrava vero (beh, un po’ era vero…), Federico aveva un guantino con le dita scoperte rosso e un guantino con le dita scoperte giallo canarino. Eleonora indossava pantaloni consunti, Maria la mia sciarpa colorata. Alessio aveva la barba, Gianluca un berretto di lana, Lorenzo provava ad accendere un fuoco con dei legnetti. Alessandro era pure matto e parlava con Jim, un peluche a forma di scimmietta: “No, Jim, il detersivo non si mangia… Il detersivo si beve…”. (Alessandro, essendo un genio, la parte se l’è scritta da solo).

È stato emozionante vederli in fila per il pasto, un unico mandarino trovato in un cassonetto, durante una sorta di comunione laica.

L’intera serata è stata un mandarino dagli infiniti spicchi, da gustare piano. Tante persone vicine, tanta nostalgia, strette di mano, abbracci. Tante, tante persone e l’ebbrezza di incontrarle ognuna in una lingua  diversa.

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