Res cogitans

La vanità vana del nulla

Il giornalismo di Barbara Palombelli è quanto di più stomachevole esista nell’etere. Oggi salgo in macchina e mi sintonizzo su Radio 2. Il tema della puntata odierna di “28 minuti” era “TENDENZE”. Due ospiti a disquisire con la Sig.ra Rutelli di come sarà l’estate del 2007. Una giornalista di costume e un ex politico (invitato a parlare in quanto “conoscitore di come va il mondo”) dai quali ho imparato – mentre guidavo bestemmiavo e invocavo Lenin – le seguenti cose:

    che in Croazia noi Vip troveremo la meritata tranquillità al riparo dai paparazzi e, senza sbandierarlo ai quattro venti, potremo fruire di chirurghi plastici bravissimi ed economici;

        che andare a Siena sarà chic, a Venezia assolutamente no;

  che a Capalbio si trovano sempre tanti amici però poi non lamentiamoci se ci circonderanno folle di curiosi;

     che i pantaloni dovranno essere rigorosamente bianchi e la maglietta semplice, ma rigorosamente di una marca che non ricordo (eventualmente cercate il podcast della puntata…);

    che la Piazzetta di Capri è affollata ma almeno una volta bisogna andarci, meglio pernottare in barca da qualche amico, però;

        che è molto chic anche convocare un consiglio d’amministrazione il 15 agosto.

 

Queste sono le “TENDENZE” e c’è da fidarsi, lo dice il servizio pubblico.

Molti anni fa, nel 1931, la rivista letteraria “Solaria” somministrò ad alcuni grandi nomi della cultura una specie di sondaggio intitolato, appunto, “TENDENZE”. Riporto di seguito parte della risposta che diede Carlo Emilio Gadda. Chissà come l’avrebbe ribattezzata, il Gadda, la Sig.ra Palombelli. Merdalista?

 

«Tendo a una brutale deformazione dei temi che il destino s’è creduto di proponermi come formate cose ed obbietti: come paragrafi immoti della sapiente sua legge. Umiliato dal destino, sacrificato alla inutilità, nella bestialità corrotto, e però atterrito dalla vanità vana del nulla io vorrò dipartirmi un giorno dalle sfiancate séggiole dove m’ha collocato la sapienza e la virtù de’ sapienti e de’ virtuosi, e, andando verso l’orrida solitudine mia, levarò in lode di quelli quel canto, a che il mandolino dell’anima, ben grattato, potrà dare bellezza nel ghigno. La virtù, senza il becco d’un quattrino, è pur veneranda cosa: e questo si arà da sentire nelle mie note…».

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