Le storie di Scuolamagia, Res cogitans

Il Circolo del Popolo… (atto secondo)

Che vi credevate, care iscritte e cari iscritti che mi avete aiutato a ordinare i libri, che il Circolo del Popolo della Lettura nascesse e si dissolvesse in un batter di ciglia? No no no. Seconda seduta, subito. Ecco l’o.d.g.

C’è una domanda a cui rispondere. Difficile, ostica, spigolosa. Chi l’ha formulata? L’ha formulata Sole.  

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Sole è una bambina. Ha tre anni, una passione per le pozzanghere e nel letto una scimmia di pezza che si chiama Gina. Un giorno ha guardato il fratellino appena venuto al mondo e ha deciso che chiamarlo bimbo non bastava: quello era un Niño Niño (pron.: nigno nigno). Ha e fa tante altre cose, Sole, ma non è questo il punto. Sole ha una mamma che è stata maga a Scuolamagia. Che magie ha fatto? Ha deciso che quella era Scuolamagia e così l’ha battezzata. Vi basta? Veniamo alla domanda. Mi raccomando, metteteci lo stesso impegno che c’avete messo con i libri. Vi lascio anche più tempo. Basta tergiversare, tenetevi forte:

«DOVE SI COMPRANO I SOLDI?»

Ve l’avevo detto che era difficile. Comincio io, nei commenti.

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Fiori di Biblioteca, Le storie di Scuolamagia

Il Circolo del Popolo della Lettura

Salgo sul predellino della mia Peugeot e rivolgo agli eLETTORI un appello dalle forti tonalità populiste.

Un paio d’anni fa, di fronte ad un cospicuo contributo del Comune per l’acquisto di libri, Barbara ed io abbiamo mobilitato il popolo degli aficionados di Bibliotecamagia affinché suggerissero titoli e autori. Per qualche venerdì sono circolati cataloghi assortiti e apposite tabelle da compilare. Le richieste sono state tutte in linea di massima esaudite, comprese quelle del marmocchietto di 3 anni che davanti alle fotografie dei vari volumi acquistabili ha puntato il dito su “queto” piuttosto che su “queto”. I soldi, 630 euro, questa volta non sono tantissimi, ma il problema vero è il tempo. Infatti sono venuto a conoscenza di questa possibilità soltanto oggi e devo compilare l’apposita richiesta entro e non oltre giovedì mattina.

Mi aiutate?

Non pensate ch’io sia a corto di idee. Datemi un paio d’ore e di libri ne ordino per 180.000 euro.

Ma se lo facciamo insieme è più bello. E democratico, mi piace credere.

Se siete possessori di una tesserina gialla, se avete a cuore le sorti di Bibliotecamagia, se siete soltanto frequentatori della Pozzanghera, cliccate su “commenti” e scrivete un paio di Titoli che vi hanno cambiato la vita. Meglio se non rimanete anonimi, in un modo o nell’altro palesatevi.

È una pozzanghera ma oggi sembra quasi un gazebo.

Grazie!

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Le storie di Scuolamagia

Dialoghi surreali

I cuccioli:

«Prof., ma perché non vuole andare da Costanzo a parlare di noi?»

Prof.:

«Perché noi siamo piccoli, unici e preziosi come una perla…»

I cuccioli:

«Una perla?»

Prof.:

«Sì, proprio una perla. E dove stanno le perle?»

Cuccioli:

«Nel mare…»

Prof.:

«Sì, ma nel mare dove stanno?»

Cuccioli:

«Nelle cozze!»

Prof.:

«No, le cozze stanno nella pasta. Negli spaghetti con le cozze…»

Cuccioli:

«…allora nelle ostriche!»

Prof.:

«Bravi, le perle stanno nelle ostriche, e sono preziose proprio perché stanno lì, al sicuro… Avete mai visto una perla seduta vicino a Costanzo?»

Cuccioli, un po’ delusi…:

«No…»

Samu, cucciolo:

«Prof., ma chi è Costanzo?»

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Soletta, Stream of consciousness

The scaffolder’s wife

Uno poi ci ripensa a sera, dopo che la giornata ha riservato mille altri rovelli, ha permesso di interagire con altre vite e di canticchiare altre canzoni. Riecco la piccola curva, riecco il buio. Uno risente anche le note del disco che stava ascoltando, alle 06:54: Mark Knopfler, chitarra e voce gentili. Uno rivede la breve fila di automobili provenire dal senso opposto, con il passo lento degli operai appena alzati, in bocca il sapore di caffè. Poi ecco la Golf nera, due luci fortissime a destra delle altre luci. Il rumore nervoso di un motore nervoso, quattro ruote velocissime, la bocca asciutta dei senzacaffè. E il tempo di nessun pensiero, di nessuna azione. Soltanto, a posteriori, la consapevolezza che alla stronzaggine del sorpasso avventato si è potuta sommare l’altrettanto assurda capacità di schivare all’ultimo istante la mia macchina quieta. Uno poi ci ripensa a sera, a quel secondo dentro il cinquantaquattresimo minuto dopo le sei di mattina. Al fatto che potesse essere quello in cui. Ecco, appunto. Gran bel disco, Mark Knopfler, soprattutto la traccia numero 2.

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Stream of consciousness

Mele

C’è stato un tempo in cui camminavo le strade senza occhiali. Era il metodo Bates, che curava la miopia bandendo gli orpelli tecnologici. Bastavano i massaggi delle proprie mani calde e un po’ di sole. Pazienza le figuracce con gli amici incontrati ma non visti lungo il cammino. Poi venne una fascinosa oculista con la sua sentenza: di quelli come il dott. Bates son piene le galere.

C’è stato un tempo in cui camminavo le strade mangiando mele. Mele di strada.

Mele d’autunno, mele d’inverno. Mele verdi e mele gialle. Mele biologiche. Bollini di mela appiccicati al dorso della mano, o sulla fronte di qualche bella compagnia durante una camminata. Mele nel pomeriggio, mele a sera. Mele a Trieste: mele in riva al mare, mele nel vento. Mele nelle poesie. (Non sono mai stato l’ombra di un volo / alto nel cielo sopra / un piccolo fiore di prato in un / tramonto di mela. Io / sono sempre stato un piccolo fiore sotto / l’ombra alta nel cielo del tuo / volo.) Mele canzoni: “io vorrei rivederti per tutte le sere / che ho guardato la tua foto in un vaso di mele”. Mele di fretta, e torsoli presi a calci senza rabbia. Mele passate, di mano in mano. Morsi accettati, e ben volentieri.

Ci sono ancora, sono ancora tutte lì: le mie mele. Le rivedo oggi, dopo aver stretto per strada quella buccia gialla, addentando una polpa dolcissima e il freddo di una mattina di novembre. Era da una vita. Ci sono ancora, e io mele ricordo.  

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Cineserie, Soletta

PiumetTina

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Cosa pensano di Piumetta i bambini che abitano le sue foto? È molto probabile che li abbia sedotti con un sorriso, ma può anche essere che agisca inizialmente con estrema circospezione per poi colpire i loro sguardi alle spalle. E riusciranno a specchiarsi, prima dello scatto, quegli occhi d’oriente nei suoi occhi d’occidente? Tempo fa ho letto in un saggio su Tina Modotti un pensiero che mi ha molto colpito. Scattare una fotografia significa creare un legame con il soggetto scelto, e il fotografo deve offrire qualcosa in cambio. In altre parole deve condividere, compatire (in senso etimologico), annullando la distanza tra autore e (s)oggetto rappresentato. Compiere un gesto profondamente politico, insomma, con una precisa scelta di campo.

Ecco cosa pensano i bambini di Piumetta: chi è questa donna che ci ha presi in braccio?

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Le storie di Scuolamagia, Piccola posta

Piccola posta

Gent.ssima Sig.ra Monica Bellucci,

mi scuso con Lei per l’orribile sibilo che nel corso della mattinata odierna ha molto probabilmente infastidito il Suo mirabile udito. Erano i miei studenti, gelosi della Sua fama e delle Sue generose forme. Abbia pazienza, sbollirà anche il loro astratto furore. Voglia gradire i saluti più cordiali.

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Rintocchi

Di solito è piccola e mezza scassata. Spedisce nel corridoio acuti rintocchi elettrici. Segna il confine tra una lezione lagna e una lezione degna, una lezione con l’anima. Anche viceversa, però. La migliore è quella delle 10.30, che è campanella ma anche fischio d’inizio (per i calciatori), o attacco del pezzo da ballare (per le ballerine). Di solito, ma oggi no.

Oggi il suono che ha fermato tutto veniva da più lontano. Veniva da quel campanile che tutti a Scuolamagia utilizzano come un orologio. Tutti tranne me che non sono abituato, e chiedo “che ora è?” anche se la risposta si staglia davanti al mio naso. Suonava la morte di un paesano, il triste battacchio. E i cuccioli si sono fermati tutti, percorsi da un’inquietudine lieve. In una frazione di secondo hanno pensato al vecchietto colle tapparelle sempre abbassate, all’anziana che bisogna fare piano quando si gioca davanti a casa sua, a chissà cos’altro. È bastato per stupirmi questo loro riconoscersi in un rituale, questo leggere ed interpretare un codice appartenente ad una comunità. Qualcosa che li differenzia da me, individuo che più individuo non si può. Qualcosa che li lega e radica. Poi finalmente è suonata anche la campana piccola, sono corsi a occuparsi di Eros e fanculo a Thanatos.   

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Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

In questa sera di buonafede

I giornali on line strillano i nomi e i volti di ragazzi indagati per terribili fatti di sangue. La notizia, paradossalmente, sembra stare nel fatto che fossero titolari di un blog e del diritto di scriverci qualche stronzata. Un ragazzo finlandese fa una carneficina a scuola e l’opinione pubblica discute del suo account su YouTube. C’è una vita.com che un giorno sembra ci debba salvare e il giorno dopo pende come una condanna a morte sugli umani destini.

Oggi ho ricevuto questa mail…

 

Hi,

 

My name is Elena, I’m 30 years and I live in Russian province.

I have a 6-years daughter, her father abandoned us and we live with my mother in small home. Recently my mother lost job due to old age and our situation became very difficult.

The prices for gas and electricity are very high in our region and we cannot use it to heat our home anymore.

The winter is coming and temperature will be very cold in the nearest weeks. We are very afraid and we don’t know what to do.

The only accessible way for us to heat our home is to use portable stove which gives heat with burning wood or coal. We have a lot of wood in our region, therefore this way is very good for us

and it will bring heat to our home for the whole winter for minimal charges.

I work in a library and after my job I allowed to use computer. I found your address in internet and may be you can help us.

We need portable stove, but we cannot buy it because it is very expensive for us. May be you have any used portable stove which is not needed for you or you don’t use it anymore, then we would be very grateful to you if you can donate it to us and organize transport of its to our address.

I hope that you will write me back.

I would like to send you picture of us, but unfortunately I don’t have digital picture which can be transmitted by computer.

I send you kind greetings and hope to hear from you soon.

 

Elena

 

Spam? Strano, però. I filtri del mio operatore ultimamente stanno lavorando sodo, e gli inviti a fornire il codici della carta di credito da parte di fantomatiche banche finiscono regolarmente in un’apposita cartella separata. E poi, dove starebbe la fregatura? Nel sottrarmi furbescamente una vecchia stufa? Lo so, lo so… Sotto sotto ci sarà un sito porno, qualche truffa milionaria, almeno un virus mortifero. Ma avete presente l’inverno russo? E la buonafede? E se Elena esistesse davvero? E la bimba? E se esistesse la bimba? Rosse le guanciotte, avvolte nella sciarpa di lana. L’orsacchiotto tenuto per mano, afflosciato sul pavimento. E tutto quel freddo intorno, e tutto quel freddo addosso?

 

 

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Le storie di Scuolamagia, Lettere a sara, Piccola posta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Tremano le parole della mia fragile calligrafia

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Cara Sara,

caro il mio espediente letterario, cara ragazza scomparsa, caro interlocutore immaginario, occhi che mi guardano mentre scrivo alla lavagna. A scuola tutto scorre con la solita frenesia e con il solito armonico disordine. Si fanno cose, si vede gente.

Ieri abbiamo parlato di Socrate. Samu si è pure costruito una bianca barba di carta igienica e scotch e ci ha intrattenuti con la battuta «oggi “so di non sapere” più del solito». Questa mattina, invece, abbiamo ricordato Giorgio Ferigo, medico e cantautore di questa terra, ascoltando una delle sue canzoni.

È stata una strana giornata: due cuccioli su dieci hanno pianto. Il 20% di una scuola, una media alta, da giornata stortissima. Alcune gocce le ho stoppate come una guardia dell’NBA, altre ho il sospetto di averle addirittura provocate con un paio di frasi decisamente maldestre.

Ho saputo anche che una madre ha detto alla figlia che Il Grande Cocomero di Francesca Archibugi è “un film da ******”, e al posto degli asterischi leggici il mio nome. La figlia, prima e durante la visione, non aveva fatto cenno alla provenienza della VHS, cioè la mia piccola videoteca. Siamo quello che mangiamo, ma prima ancora siamo le pellicole che amiamo.

E tu, perduta, che film sei?

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Le storie di Scuolamagia, Soletta, Tutte queste cose passare

Maestro

Giorgio Ferigo era il medico che ogni primavera vaccinava i miei cuccioli. Nel corso dei miei primi due anni a Scuolamagia l’ho osservato di sfuggita arrivare con la sua borsa da dottore, chiudersi nella stanza con la siringa, la faccia giusta perché quell’ago non facesse troppa paura e le tanto odiate scartoffie da compilare. Il terzo anno non ce l’ho fatta più. Mi sono messo in fila, il settimo, e sono entrato. Grandicello, per la punturina. In realtà ero lì per una domanda. Se era lui Giorgio Ferigo il cantautore, se era lui Giorgio Ferigo il poeta, se aveva letto lui, 5 anni prima, quella meravigliosa versione carnica del De Rerum Natura in un teatro di Udine.

 

Dal çoc di Enea la Radîs, dai omps e dai dius la Gjonda,

Venus ch’i tu nudris, che sot la tramuda das stelas

il mâr ch’al puarta las nâfs, la tiera ch’a puarta la frua

tu emplas, e in graça di te dut ce che cajù al à flât

al cjapa forma…

 

Era lui.

Da allora, nei rari incontri, ricordo la sua curiosità (e simpatia) per me prof. abbarbicato per scelta alla sua terra. Le strette di mano forti, lui a dirmi “Prof.”, io a dirgli (la verità) “Maestro”. La volta che con una mail mi aveva invitato ad uno dei suoi rari concerti, e io mi ero scusato alla stazione delle corriere in un giorno di neve: “Maestro, non son venuto, sabato sono andato a sentire Claudio Lolli”. “Beh, se c’era Claudio Lolli allora non importa…”.

Voglio ricordare Giorgio Ferigo – mancato oggi, mancato presto – regalando ai lettori la sua personalissima versione di una canzone di George Brassens, Le gorille. 



 

La sua voce, e le sue idee, anche qui.

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Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Tutte queste cose passare

Geografia

E se si alzasse una mano, in classe, a chiedere lumi? A dire “dicci, cos’è la Romania…, terra di mostri come quello?”.

Non sarebbe semplice, e non mi aiuterebbero i libri di testo, superficie, abitanti, densità uguale abitanti fratto superficie.

Cos’è per me “Romania”?

Il primo pensiero è per la storia del portiere Ducadam, il nome che sembra una formula magica, capace di neutralizzare 4 rigori in un’unica partita, la più importante, salvo poi finire vittima della securitate del regime di casa sua: le mani e la carriera spezzate.

Risalendo la mia adolescenza ecco dell’altro calcio, sempre intrecciato a fatti ed accadimenti storici. Di questo direi ai cuccioli. E di Miodrag Belodedici, difensore elegante, fuggito dall’inferno romeno per seguire le proprie origini etniche e la squadra del cuore di quand’era ragazzino, la Stella Rossa di Belgrado. Appunto, da un inferno all’altro, a cavallo tra gli anni ottanta del tracollo comunista e gli anni novanta delle guerre balcaniche.

Di Ceausescu ricordo gli occhi spettrali e la paura della morte stampata sul volto. E l’impressione – a tredici anni, davanti alla TV – che quelli attorno avessero sì ragione, ma pure una terribile violenza adosso. Poi ci sono gli aneddoti: il palazzo più grande del mondo, le lauree finte della moglie, la limousine per il cane (solo per il cane!).

Nadia Comaneci è da sempre per me il simbolo della perfezione. Nadia Comaneci è prendere 10, arrivare dove oltre non si può. Il bel gioco che dura poco, troppo poco; una vita da costruire sapendo che il traguardo l’hai raggiunto prima ancora di accorgerti che eri partito.

Infine, le fogne di Bucarest. I bambini di strada aggrappati alle tubature. I bambini a sniffare la colla. I bambini che non scoprono il sesso ma ne sono assaliti. I bambini che hanno visto cose che noi umani…

Questo so. Questo poco. Questo direi: ché quella terra dobbiamo farla diventare qualche faccia, qualche nome, qualche luogo (un fiume, un castello). Non terra di mostri, guai a noi. Andiamoci, direi. Con le parole, ma andiamoci.

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La propria tristezza

Ciascuno la propria tristezza

se la compra dove vuole –

anche in una bottega nera

austera

tra libri impolverati

che si liquidano a prezzi dimezzati –

libri inutili –

tutti i TRAGICI GRECI –

ma se il greco non lo sai

più –

mi sai dire perché li hai

comprati?

libri inutili –

POESIE PER I BAMBINI –

coi fantoccini

colorati –

ma se non hai

bambini

tu

mi sai dire perché li hai

comprati?

 

se non avrai dei bimbi mai

più

 

mi sai dire per chi

li hai

sciupati

i tuoi soldi

così?

 

Ciascuno la propria tristezza

se la compra dove vuole –

come vuole –

anche qui –

 

Antonia Pozzi, 12 maggio 1933

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