«Il giorno che arrivò in città fresco dalla Sardegna, per fare l’università c’aveva già lui la faccia di chi c’insegna, aveva già la sua strana testa grossa e l’aria di uno che ha freddo fin nelle ossa. Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non sarebbe andato avanti molto.
Che tipo strano e riservato, che aria da sbandato. E non sempre una gobba porta fortuna e oggi si vede che non mi ero sbagliato. E poi di sardi qui ce n’è già abbastanza, dissi a quel pazzo che gli affittò la stanza. Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto mai molta strada.»
Quello lì (Compagno Gramsci), Claudio Lolli
E io chi ci metto nel mio pantheon? Ci metto anche lui, a 70 anni dalla morte? Noooo, siete matti? Prima bisognerebbe leggerlo sul serio (non basta averla comperata, mi dicono, l’antologia in edicola con “L’Unità”…). E dopo averlo letto bisognerebbe capirlo. Disegnato l’ho disegnato tante volte, il suo volto. I suoi occhi dietro gli occhialini e i capelli come Ficarra, di “Ficarra e Picone”, se non suona troppo blasfemo… Forse lo disegnavo perché lo faceva pure Andrea Pazienza, e mi sa che manco lui l’aveva letto…
Poi ci sono le belle frasi: il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà.
Poi ci sono le parole dolci, e quell’idea che al proletariato bisognasse guardare con “simpatia piena di amore”…
bravo!